domenica 29 maggio 2011

Civili uccisi in raid Isaf in Afghanistan (video)

I raid della Nato tornano a fare morti tra i civili in Afghanistan. Le autorità locali hanno confermato che una quindicina di persone, tra cui donne e bambini, hanno perso la vita nella provincia meridionale di Helmand, roccaforte dei taleban.

Dal canto suo, il governatore del Nuristan, provincia montuosa del nord-est, ha fatto sapere che una ventina di civili sono rimasti uccisi nel corso di combattimenti con i ribelli mercoledì.


NATO ASSASSINA!

Afghanistan: 12 bambini uccisi in raid della Nato

Kabul, 29 maggio (Adnkronos/Dpa) - E' di 14 civili, tra cui 12 bambini, il bilancio delle vittime di un raid aereo della Nato nel sud dell'Afghanistan. A renderlo noto e' stato il governatore della provincia di Helmand, Daud Hamadi. Il raid, sferrato nella notte di sabato, ha affermato, ha causato la morte di cinque bambine, sette bambini e due donne. Altri tre bambini, una donna e due uomini sono rimasti feriti. Secondo il portavoce afgano il raid sarebbe scattato quando un gruppo di militari americani ha richiesto l'appoggio di unita' aeree dopo essere stato attaccato da combattenti talebani. Tuttavia gli aerei della Nato hanno bombardato due case in cui vivevano i civili. L'incidente e' oggetto di indagini da parte dell'Isaf, ha reso noto un portavoce.

 ASSASSINI! VIA DALL'AFGHANISTAN!

CRIMINALI, VILI ASSASSINI ASSETATI DI SANGUE INNOCENTE TUTTI QUEI PAESI CHE COMPONGONO LA NATO, ITALIA COMPRESA: I SUOI PARLAMENTARI, I SUOI LEADERS IN QUALITA'  DI MANDANTI, E ANCHE L'ONU...SU DI ESSI RICADE ORMAI UNA LUNGA SCIA DI SANGUE INNOCENTE, DI CUI QUELLO DI QUESTI 12 BAMBINI AFGHANI NON E' CHE L'ULTIMO IN ORDINE DI TEMPO, UCCISI DA UN RAID AEREO DELL'ISAF, IL CONTINGENTE NATO COMPOSTO DA VARI PAESI, CHE OPERA DA QUASI UN DECENNIO IN AFGHANISTAN. I VERTICI MILITARI SI GIUSTIFICANO DICENDO CHE SI E' TRATTATO DI UN ERRORE DI COORDINATE...MA NON PAGA MAI NESSUNO PER QUESTI ERRORI? E' ORA DI DIRE BASTA! NON BASTA INCRIMINARE I SINGOLI PILOTI CHE HANNO MATERIALMENTE SCHIACCIATO IL BOTTONE O IL GENERALE CHE HA DATO L'ORDINE DI SGANCIARE I MISSILI...CHIAMIAMO IN CAUSA UNA VOLTA PER TUTTE ANCHE I MANDANTI ULTIMI, OVVERO I LEADERS POLITICI CHE HANNO LA POSSIBILITA'  DI CAMBIARE LE COSE E NON LO FANNO...OBAMA, SARKOZY, CAMERON, BERLUSCONI, LA RUSSA, NAPOLITANO, MERKEL E GLI ALTRI, SIETE TUTTI DEGLI ASSASSINI! PERCHE' AD AVER SBAGLIATO SONO OVVIAMENTE QUEI MILITARI CHE HANNO SGANCIATO ERRONEAMENTE I MISSILI SULLE 2 CASE CIVILI...MA I MANDANTI SIETE VOI, VOI POLITICI CHE SEDETE SUGLI SCRANNI DEL POTERE E NEI PARLAMENTI E APPROVATE!

Indignamoci! Ma come può questa gente dormire la notte sapendo di aver causato la morte di 12 bambini che vivevano felici assieme alle loro famiglie, che magari stavano giocando tra loro o stavano sorridendo con le loro madri al sicuro dentro la loro casa? Altro che effetti collaterali, questo si chiama ASSASSINIO! Non è un errore (che comunque si paga), perchè l'errore dovrebbe essere per definizione un'evento eccezionale, non la regola. Qui si tratta di una sfilza di errori, una vera e propria strategia militare, che pianifica a priori un efferato bilancio costi-benefici e che se ne frega del fatto che il più delle volte sono i civili a pagarne le conseguenze. I vertici NATO lo sanno, i capi di governo, i ministri della difesa...ma se ne fregano, perchè l'effetto collaterale, 'l'errore', come lo chiamano loro, è diventato ormai la norma. Dai loro comunicati appare sempre come se fosse la prima volta che l'errore accade. E si giustificano dicendo: è la guerra, è comunque giusto quello che facciamo...NO, NON E' COSI' ! Siete dei maledetti criminali, dei brutali assassini a sangue freddo! E un giorno dovrete renderne conto!

Se, come dicono le autorità militari dell'ISAF, quest'ennesimo massacro di civili in Afghanistan è stato un malaugurato errore...vediamo allora quanti sono stati gli errori che i contingenti militari dell'Alleanza atlantica hanno commesso finora in quell'aera di operazioni (e questo non è che un breve estratto delle notizie di vittime civili di cui la NATO s'è resa responsabile solo tra il 2006 e il 2007):

  • 20/09/2006 - La fabbrica dei talebani: Civili uccisi dalle bombe Isaf spacciati per talebani con armi messe accanto ai cadaveri.
  • 27/03/2007 - Afghanistan, effetti collaterali: I racconti dei civili vittime della guerra, dall'ospedale di Emergency a Lashkargah.
  • 22/06/2007 - Afghanistan, Nato sotto accusa: Ong afgane e occidentali denunciano l’eccessivo e indiscriminato uso della forza contro i civili.
  • 01/07/2007 - Ancora una strage di civili, la peggiore di tutte: La Nato bombarda i civili in fuga: 120 morti, forse più, a Ghora, nella provincia meridionale di Helmand.
  • 08/07/2007 - Strage di civili nella zona italiana: Afghanistan, 108 civili uccisi dalle bombe Nato nella provincia di Farah.
  • 27/07/2007 - Stragi Nato: Ancora decine di civili uccisi dalle bombe Nato in Afghanistan.
  • 21/09/2007 - 'Supposti' talebani o 'supposti' civili: Nella Giornata Onu della Pace, la Nato continua a bombardare e fa 40 vittime. Presentate come 'supposti talebani'.
  • 24/09/2007 - Afghanistan, massacri occultati: La nuova offensiva Nato in Helmand ha già ucciso decine di civili. I cadaveri vengono rimossi.
  • 23/10/2007 - Famiglie sotto le bombe: Provincia di Wardak, a est della provincia di Kabul. Un raid aereo Nato. E 13 civili sotto le macerie.
E l'elenco potrebbe continuare...

Preghiera per i bambini vittime di tutte le guerre.

Nel 2007 l'ONU arrivò addirittura a sostenere che erano i talebani ad uccidere i bambini per attribuirne le colpe alla NATO. Mi dispiace, ma non ci credo. I talebani, per quanto crudeli con i loro nemici, sono sempre esseri umani e mi rifiuto di pensare che possano uccidere a sangue freddo i loro bambini. E poi, se così fosse, la notizia sarebbe uscita da un pezzo sui mezzi d'informazione, non è possibile occultare una cosa così grave. Non sottovalutiamo il coraggio e la forza di una madre a cui hanno ucciso i figli, è un dolore troppo grande che non può essere tenuto nascosto a lungo alla collettività, neanche con la violenza; prima o poi la verità trapela, attraverso la testimonianza di qualcuno, magari di un genitore scampato miracolosamente all'esecuzione che decide di rompere il silenzio anche a costo della vita.

Credo invece che ci sia qualche agenzia sul piano internazionale che opera al servizio della menzogna, forse la CIA o il Mossad, qualcuno che crea ad hoc prove credibili e circostanziate da dare in pasto ai media o all'ONU, a seconda della convenienza e a supporto degli interventi militari. Credo soprattutto che ci sia una strada maestra dietro a tutto ciò, una basilare e del tutto palese strategia: quella di creare lo spauracchio, il mostro, l'impersonificazione del male, che si chiami Bin Laden, al-Qaeda o talebani, al quale atttribuire tutto l'orrore che succede nel mondo. Semplice, no? Credo che sia proprio così che funziona, visto anche i tempi malvagi in cui viviamo, usando la più classica e banale delle strategie diaboliche: la creazione a priori di un capro espiatorio. Per questo motivo penso che sia una bugia anche l'uccisione in Pakistan del leader di al-Qaeda, Osama Bin Laden, presumibilmente avvenuta alcune settimane fa mediante un blitz militare da parte di un reparto specializzato dell'esercito nordamericano. Ritengo sia plausibile invece quanto viene detto in rete, ovvero che Bin Laden sia stato mantenuto fintamente in vita per anni, occultando le varie testimonianze che lo davano per morto (una rivelazione in tal senso potrebbe aver costato la vita alla premier pakistana Benazir Bhutto, guardacaso proprio nel 2007!). Una carta, questa del capro espiatorio, così strategicamente preziosa per i servizi segreti da essere tenuta gelosamente in serbo per anni ed essere giocata solo al momento più opportuno.

sabato 28 maggio 2011

La scelta di Saviano

Come si schiereranno i 'napoletani famosi' al ballottaggio? Voteranno Lettieri o De Magistris? Uno tra questi, lo scrittore Roberto Saviano, che a Napoli c’è nato e che a Napoli vorrebbe tornarci, in una lettera pubblicata l'altroieri su La Repubblica, scrive:

"Spero di poter un giorno, dopo questi anni di lontananza forzata, tornare a Napoli, in una Napoli nuova. Ma se dovessero vincere i vecchi, i soliti poteri, se dovesse prevalere l’asse Lettieri-Cosentino, questo non accadrà.

[...] Deve essere chiaro a tutti, indipendentemente da quale sia l’idea politica di chi oggi vota a Napoli, che la candidatura di Gianni Lettieri rappresenta la continuità con la gestione di Nicola Cosentino. Non è solo il rapporto di vicinanza o il fatto che il candidato sindaco si presenti accompagnato da “Nicola o’ Mericano”, come lo chiamano a Casal di Principe. Ma la continuità tra i due è espressa dal programma, dal linguaggio, dalle posizioni sulle questioni economiche e amministrative del territorio.

Sa di essere una pistola puntata alla tempia dell’esecutivo. In mano sua ci sono molti voti facili, quelli dell’economia del cemento, dei muratori, dei geometri, dei capimastri, dei carpentieri e delle betoniere, di tutti coloro che senza appalti non vivono. Voti preziosi per il governo, per tamponare le perdite avute altrove. E poi il potere più prezioso: i rifiuti."

Storia d'Italia: come gli Agnelli si sono impadroniti della FIAT (ovvero, una truffa ben congegnata)

John Philip Jacob Elkann, primogenito di Margherita Agnelli e del
suo primo marito Alain Elkann, giornalista e scrittore italo-francese.
L'ultimo rampollo di casa Agnelli è presidente di Fiat SpA, Exor e
della Giovanni Agnelli e C..

La FIAT viene identificata da tutti con la famiglia Agnelli. Ma non è nata per loro iniziativa, e il modo con cui se ne sono impossessati fornisce un esempio classico del funzionamento del capitalismo. La FIAT era nata l’11 luglio 1899 per iniziativa di un gruppo di imprenditori affascinati dalle prospettive dell’automobile: il conte Roberto Biscaretti di Ruffia, che già importava automobili da corsa dalla Germania, il conte Emanuele Cacherano di Bricherasio, l’avvocato Carlo Racca, Michele Lanza, un modesto produttore di candele (non per automobili, ma di cera), e l’avvocato Cesare Goria-Gatti, il redditiere Lodovico Scarfiotti, il banchiere e setaiolo Michele Ceriana-Mayneri, un agente di cambio, Luigi Damevino, e un terzo nobile, il marchese Alfonso Ferrero de Gubernatis di Ventimiglia. Giovanni Agnelli entra successivamente come piccolo azionista. Nell’assemblea dei soci, il consiglio di amministrazione era stato formato solo dai “padri fondatori” che abbiamo ricordato.

Presidente era stato eletto lo Scarfiotti, vicepresidente il Bricherasio, che tuttavia era irritato perché avrebbe desiderato essere lui il presidente. Elette le cariche minori, il conte Biscaretti si accorse che mancava un segretario, un incarico puramente formale che per consuetudine si assegnava al più giovane dei presenti o a un semplice impiegato. In fretta e furia venne votato il nome di Giovanni Agnelli, a cui nessuno dava la minima importanza, soprattutto perché non era né nobile, né appartenente alle grandi famiglie borghesi come tutti gli altri.

Nelle prime riunioni del Consiglio di amministrazione Giovanni Agnelli tace; ma poi comincia ad allargare la propria influenza, attaccando il direttore tecnico, Aristide Faccioli, un progettatore fin troppo geniale, che finirà per doversi dimettere per le continue ingerenze che limitano la sua autonomia. Giocando in seguito sulle gelosie e rivalità tra i soci fondatori, egli si fa proporre come “membro delegato del consiglio” e poi amministratore delegato, con ampi poteri. Ma ancora senza un pacchetto azionario consistente.

Solo nel 1906 riesce a fare il gran colpo. La FIAT ha ormai 1.500 operai, produce nove modelli diversi. Per raggiungere le 600 vetture annue, si comincia a lavorare anche di notte. Gli utili, dopo i primi due anni (che risultavano in perdita), passano da 152.000 lire del 1902 a 394.000 nel 1904 e a 2,5 milioni nell’anno successivo. In quell’anno il Re Vittorio Emanuele, che fin da quando era principe ereditario si era espresso aspramente contro quelle macchine “pericolose ed abominevoli”, venne salvato dal principe Colonna da un fastidioso guasto di un treno, alle porte di Roma, con una FIAT: aveva così provato, per la prima volta, un’autovettura, e ne era rimasto così soddisfatto da concedere allo stabilimento il titolo di “Fornitore della Real Casa”.

Intanto, con la connivenza dell’unico suo complice nel Consiglio di amministrazione, Luigi Damevino, Agnelli fa passare la proposta di ridurre ad un ottavo il valore nominale delle azioni, con il risultato di invogliare un gran numero di acquirenti; il valore reale, anziché ridursi, raddoppio: e una parte notevole finì nelle mani dei due compari.

Successivamente, con un gioco complesso in cui entrano due istituti bancari – tra cui la Banca Commerciale – vengono dapprima annunciati dividendi favolosi, poi pagati indebitandosi con le banche (quindi senza alcun fondamento reale), mentre un cambiamento di ragione sociale e l’emissione di nuove azioni porta ad un effettivo “esproprio” di cinque dei vecchi fondatori, i quali rimangono con sole 2.000 azioni ciascuno. Agnelli, Damevino e Scarfiotti (che si è unito ai due compari), sono invece entrati in proprietà di 37.000 azioni. Tra le attività della società sono comparse (e non spariranno mai) forniture militari di vario genere, tra cui 8 sottomarini commissionati dal governo italiano (ma commissionati anche dal governo tedesco, e persino quando ormai la prima guerra mondiale era già iniziata e vedeva Italia e Germania schierate su opposti fronti, dando prova del famoso “patriottismo” degli industriali, i quali le parole “Patria” e “Stato” le ricordano solo quando devono battere a cassa per mungere denaro della collettività! n.d.r.). Il 7 luglio 1907, il primo crollo della borsa in Italia trascina nella polvere per qualche tempo i titoli FIAT; ma il terremoto serve ad un’uteriore concentrazione nelle mani dei tre avventurieri.

Il "truffatore": Giovanni Agnelli senior.Il giornale giolittiano La Stampa, che diventerà solo successivamente di proprietà degli Agnelli (anche se si farebbe meglio a chiamarli “Lupi” o meglio ancora “avvoltoi”! n.d.r.), comincia a denunciare la truffa ai danni della vecchia maggioranza del Consiglio di Amministrazione; il 23 giugno 1908, la Questura denuncia Giovanni Agnelli per “illecita coalizione, aggiotaggio in borsa e alterazione di bilanci sociali” (un Berlusconi ante litteram! n.d.r.). Sono coinvolti anche il solito Damevino e il presidente Scarfiotti.

I capi d’accusa risultano particolarmente gravi e circostanziati: la procura assicurava “non esservi ragionevole dubbio” che la crisi finanziaria della FIAT dovesse “attribuirsi ai loschi intrighi dei suoi amministratori”. I tre si sarebebro arricchiti ed avrebbero assunto il controllo della società, in danno degli altri azionisti, attraverso queste manovre:

       - spargendo “false notizie di colossali commesse ricevute dall’America, poi rivelatesi inesistenti”;

       - rassicurando gli azionisti sulle condizioni della società, pagando dividendi esagerati grazie ad un mutuo passivo di parecchi milioni;

       - accreditando con “bilanci fittizi” una propsperità della FIAT che, in quel momento, non esisteva.

Lo scandalo fu enorme, ma non vi fu arresto per nessuno. Si dimise, intanto, l’intero vertice, mentre proprio Agnelli veniva incaricato temporaneamente dell’ordinaria amministrazione per la continuità dell’azienda. In suo favore interveniva il ministro di Grazia e Giustizia, Vittorio Emanuele Orlando, il quale esercitava una spudorata pressione sulla procura, ricordando che l’indagine processuale avrebbe potuto “influire in modo sinistro sulla sorte di industrie locali, che sono pure notevoli elementi dell’industria nazionale”. Un imponente collegio difensivo faceva protrarre l’inchiesta per anni, finchè l’opinione pubblica, distratta dalla imminenza della guerra ed esaltata dalla vittoria in Libia (attribuita da tutta la stampa agli autocarri 15 bis forniti dalla FIAT), non si accorgeva neppure dell’assoluzione con formula piena di Giovanni Agnelli e dei suoi compari. L’unico a pagare era stato il presidente Scarfiotti.

Alla fine della guerra, nel corso della quale la FIAT ha prodotto automezzi ed armi, navi da trasporto e da guerra, ha inviato i suoi emissaria  Mosca e a Vienna (uno di essi, Adolf Egger, era per ragioni inesplicabili presente nel corteo dell’arciduca Francesco Ferdinando d’Austria a Sarajevo, al momento dell’attentato) e ha costituito varie società -  con sedi in diversi paesi – per l’importazione di carbone, ecc., Agnelli riesce ad eliminare i concorrenti e a diventare, da solo, proprietario del 55% del capitale azionario. 

La FIAT in camicia nera.

I quadrumviri.Alla vigilia della “marcia su Roma”, i giornali controllati da Agnelli (che sono ormai molti) si schierano apertamente per Mussolini. E la FIAT, per vent’anni, “indosserà la camicia nera”. Se la toglierà solo il 25 luglio del 1943. Ma la sua ascesa, da modesta impresa locale a grande gruppo mondiale, è stata tutta determinata dal rapporto con il fascismo e le sue imprese di guerra. Seguimone le tappe.

Il 28 ottobre, Agnelli è tra i primi ad inviare un telegramma di felicitazioni a Mussolini e, presto, gli chiede ingenuamente di smobilitare le squadracce e di “mettere un freno ai ras di provincia” (cioè al “quadrumviro” De Vecchi, rozzo e ignorante), temendo siano controproducenti. Subito dopo, tuttavia, riconosce ai sindacati fascisti, che non avrebbero i requisiti di legge, il diritto di partecipare alle elezioni della commissione interna. A chi dei suoi amici liberali lo critica per questo gesto, Agnelli risponde che i sindacati fascisti avevano il merito di evitare la contrapposizione “muro contro muro” e di dissociarsi dalla Fiom, che era rimasta legata ai “vecchi metodi di lotta”, cioè allo sciopero. E siccome De Vecchi, viceversa, considera suoi nemici nel partito i sindacati fascisti, che puntano sulla demagogia e non solo sui manganelli, Agnelli lo scavalca, invitando Mussolini a Torino per l’inaugurazione dello stabilimento del Lingotto. Mussolini accetta, pur evitando lo scontro diretto con De Vecchi (che, anche in ambiente fascista, era soprannominato, per l’aspetto fisico e la scarsa intelligenza, “un cazzo con i baffi”, ma continuava a controllare le squadracce piemontesi).

Poiché Cesare Maria De Vecchi continuava a pregiudicare i rapporti con la FIAT, che definiva la “plutocrazia industriale”, Mussolini, per allontanarlo da Torino, lo chiama a Roma, con la promessa di un alto incarico e l’offerta del titolo nobiliare di conte di Val Cismon; lo spedirà poi come governatore in Somalia, dove De Vecchi farà stragi, ma si arricchirà rapidamente.

Ad Agnelli, invece, Mussolini fa arrivare prima della visita al Lingotto prevista per l’autunno, la nomina a senatore del regno, che viene fatta da re “su proposta del capo del governo”. E prepara la sua “marcia su Torino”, come la chiamerà Piero Gobetti. Per prevenire contestazioni, anche Giovanni Agnelli prende le sue misure: convoca le commissioni interne per informarle, e ai mugugni risponde che “ci sono tre modi per riceverlo: applaudire, tacere o sabotare. Vi lascio scegliere tra i primi due. Il terzo modo lo stroncherò con ogni mezzo”. La maggior parte degli invitati – selezionatissimi – al ricevimento, sceglieranno il secondo modo e gli operai rimasti al lavoro saranno dissuasi dal manifestarsi, vista la massiccia presenza di squadristi e di milizia.

Agnelli si compiaceva allora di far circolare la voce che fosse fascista a Roma e antifascista a Torino (bella cosa!), ma chiudeva il suo discorso con un “Viva Mussolini!”. Comincia a dire che è “mussoliniano”, ma non fascista… Intanto, ottiene dal “capo”, con cui stabilisce un rapporto diretto, oltre all’abolizione della nominatività dei titoli azionari, anche l’accantonamento dei provvedimenti di confisca dei sovraprofitti di guerra per gli industriali (che erano stati parte del programma demagogico del primo fascismo), la riduzione delle imposte di ricchezza mobile sulle società anonime e i loro amministratori e, soprattutto, lo scioglimento prima delle commissioni interne e poi dei sindacati, per dare vita al nuovo ordinamento corporativo.

Inoltre, con la complicità di ministri come Aldo Finzi (ebreo e fascista) e del quadrumviro Italo Balbo, il neosenatore Agnelli si impossessa di altri quotidiani sottratti all’opposizione, tra cui il Resto del Carlino. Al momento della crisi per l’assassinio di Giacomo Matteotti, il cui corpo risultò essere stato trasportato con un’auto di quel quotidiano bolognese, Agnelli tace a lungo, con grande stupore dei suoi vecchia mici liberali. Quando si arriverà al voto, Agnelli lo darà a Mussolini, che non dimenticherà.

L’attacco internazionale alla FIAT.

Agnelli ha, nel frattempo, acquistato la Juventus, per assicurarsi le simpatie popolari con la vecchia ricetta degli imperatori romani: panem et circenses. Introdurrà per primo le paghe favolose ai calciatori e inventerà gli “oriundi”, per aggirare le disposizione governative contro l’utilizzazione di giocatori stranieri. Ma soprattutto, consolida la struttura familiare di controllo dell’impero finanziario, che cresce a dismisura.

Nel 1929, ha già consistenti interessi nei Balcanie in Estremo Oriente, ma si trova subito in difficoltà. Riesce a resistere in Italia, ma perde colpi all’estero. La FORD che pure retribuisce i suoi operai quattro volte di più di quelli FIAT, riesce a vendere le sue vetture ad un prezzo quattro volte inferiore. La Francia, che era la migliore cliente della FIAT, alza i dazi doganali di entrata dal 25% al 60%. Il mercato esterno è praticamente perduto; il fatturato, tra il 1929 e il 1931, si riduce della metà.

Ma c’è un pericolo maggiore: la FORD tenta di sfondare sul mercato italiano, dopo essersi assicurata la collaborazione di una potente lobby di industriali e finanzieri milanesi e di un gruppo di gerarchi, tra cui Emilio De Bono (vecchio amico del De Vecchi) e Costanzo Ciano, il cui figlio Galeazzo aveva sposato Edda Mussolini e al quale era stato promesso che uno dei due stabilimenti Ford in Italia sarebbe stato costruito a Livorno, sua città natale. Partecipavano all’operazione anche il ministro Bottai e il presidente dell’Automobil Club Silvio Crespi. Questa lobby era tutt’altro che disinteressata, ma avanzava un argomento ragionevole: la concorrenza americana sarebbe stata utile, stimolandola, alla stessa FIAT, le cui difficoltà dipendevano da una generale carenza tecnica, da un’insufficiente programmazione e dalla mancanza di modelli utilitari. Il governo, poi, doveva temere ritorsioni internazionali a una troppo aperta politica protezionistica in favore della casa torinese.

Agnelli, affiancato ormai dal fedellissimo “professore” Vittorio Valletta, punta subito sullo spirito nazionalista di Mussolini, insofferente all’invadenza di prodotti stranieri, vista come una mortificazione dell’orgoglio nazionale. E Mussolini avoca a sé ogni decisione in materia, bloccando i piani della Ford, “che non può pretendere di rifarsi in Europa delle perdite che subisce a casa sua”. Anzi chiude d’autorità – per questioni “d’ordine nazionale” – gli impianti che il gruppo americano aveva già nel porto franco di Trieste. Gli azionisti FIAT salutano con gioia questa decisione, che blocca anche un altro tentativo della General Motors di installarsi in Italia, “considerandola alla stregua di una colonia”; e, il 6 marzo 1930, votano all’unanimità la proposta di ricordare la decisione del “duce” con un’epigrafe a caratteri d’oro, collocata nell’atrio principale del Lingotto.

I gerarchi fascisti, ormai legati agli interessi stranieri, non demordono: Costanzo Ciano scrive a Mussolini, segnalando che la FIAT, nonostante gli interventi in suo favore, aveva ridotto ulteriormente l’orario di lavoro (ovviamente con riduzione del salario) e aveva sospeso la produzione in vari reparti del lingotto. Invano. Quando la FIAT si rivolge a Mussolini avvertendo che, in mancanza di nuovi e ancora più energici provvedimenti contro la concorrenza estera, avrebbe dovuto adottare altre “gravi e dolorose decisioni” sul piano dell’occupazione, ottiene subito che i dazi doganali sulle autovetture estere vengono aumentati del 130% ed estesi anche alle parti staccate. Di fatto teme che la Ford ritorni all’attacco, attraverso un accordo di joint venture firmato con l’Isotta Fraschini per la produzione di un’autovettura utilitaria con maestranze italiane. La Ford ha sempre dietro di se Ciano, che scrive al “Duce” che anche “gli operai che lavorano nelle fabbriche milanesi o in altre parti d’Italia hanno diritto alla medesima protezione di quelli che lavorano in Fiat”. Inolte, segnala che nel capitale azionario sarebbero stati maggioritari due italiani: il conte Gian Riccardo Cella e Ludovico Mazzotti Biancinelli, ex dirigente dell’Ilva.

Ma Agnelli pone un tassativo “o con noi o contro di noi”, mentre qualcuno informa Mussolini che “dietro gli industriali milanesi si nascondono alcuni gerarchi del partito”. Dopo una vigorosa strigliata ai gerarchi lobbysti, il “duce” blocca la costituzione della joint venture, diffida attraverso Bottai la casa di Detroit dal continuare i suoi tentativi e, soprattutto, emana due decreti: il primo, riserva al governo di deciderequali industrie sono fondamentali “per la fabbricazione di prodotti essenziali per la difesa della nazione”; il secondo, riconosce tra questi l’industria dei trasporti terrestri. La FIAT ha vinto.

E la FIAT ricambia, sfornando finalmente, con il nome di “Balilla”, l’utilitaria voluta dal “duce” e i treni popolari, che vengono battezzati “littorine” in onore del fascio littorio. Nel 1932, una nuova visita di Mussolini al Lingotto si rivela ben diversa dalla prima. Gli operai hanno dovuto sospendere il lavoro in tutti gli stabilimenti e recarsi inquadrati e preceduti da fanfare alla manifestazione. Il figlio di Giovanni Agnelli (e padre di Gianni) sta sul palco in divisa fascista. Mussolini concede l’avallo a un grosso prestito per forniture militari alla Turchia, alla Grrecia e all’Argentina; poi fa sapere, però, che è ormai opportuno che il senatore prenda la tessera del partito. E questi lo farà, forse con scarso entusiasmo, ma anche senza esitazione.

Elena Croce, la figlia del filosofo, osserverà a questo proposito:

Agnelli affettava con umiltà un’ssoluta innocenza nelle cose della cultura e della politica, ma non ci voleva molto ad accorgersi che la prima era fatta di disprezzo, e la seconda di calcolo e paura.

Agnelli e Valletta hanno ormai tutte le porte aperte a Roma: riescono a bloccare un progetto di monopolio delle ferrovie statali nel trasporto pubblico e un altro di una speciale tassazione degli automezzi pesanti, che viene fatto cadere in concomitanza con l’uscita di un nuovo modello di autocarro. L’Alfa Romeo viene inspiegabilmente sostituita dalla Fiat in alcune grosse forniture ai cantieri navali di Monfalcone. “Nella mutata economia politico-sociale del paese guidata da S.E. il Capo del Governo – dichiara Agnelli – anche l’industria trova una nuova comprensione dei suoi fini nazionali e sociali”.

E intanto ottiene anche: l’esenzione della Balilla dalle tasse di circolazione; la revoca delle misure restrittive dei servizi automobilistici rispetto alle ferrovie; l’estensione della speciale protezione doganale prevista per le auto a tutte le costruzioni meccaniche sussidiarie. Sempre nel supremo interesse nazionale…

Nel 1935, tuttavia, la Fiat corre un brutto rischio: mentre estende sempre più il proprio impero, conosce alcune difficoltà produttive, che spingono il ministro della Guerra a ricorrere all’odiata rivale Ford per l’acquisto di 3.000 autocarri, necessari all’invasione dell’Etiopia. Solo con qualche ritardo la Fiat riuscirà, poi, a fornirne altri 5.000, ottenendo in cambio un’attenzione privilegiata nella fornitura di materie prime e lauti risarcimenti per la perdita di mercati esteri a seguito delle sanzioni decise contro l’Italia, dopo l’impresa di Etiopia, e della conseguente politica autarchica (in nome della quale aveva, peraltro ottenuto vaste concessioni di zone alpine per la ricerca di minerali “nazionali”). Sempre con il contributo statale, la Fiat costruisce in Veneto stabilimenti per la produzione di vetro in lastre, cementifici, fabbriche per la produzione di materieplastiche derivate dal catrame, e acquista perfino risaie, nel vercellese e in Emilia-Romagna.

Alla vigilia della guerra, gli operai sono ormai 50.000, il fatturato è passato dai 750 milioni del 1935 agli oltre 2 miliardi del 1937. 

Doppio e triplo gioco durante la guerra.

Alla vigilia della guerra, Mussolini fa la sua terza visita alla FIAT, il 15 maggio 1939. Lo stato maggiore aziendale è schierato in camicia nera, gli operai sono stati condotti a forza nel piazzale dello stabilimento non ancora completato di Mirafiori (inizialmente visto con diffidenza dal governo fascista, che temeva le concentrazioni operaie troppo numerose).

Mussolini arriva su un’Alfa Romeo, allora concorrente della FIAT, e questo non piace ai dirigenti né agli operai, che hanno però altre ragioni di dissenso. I 50.000 operai non rispondono con ovazioni alle consuete tirate oratorie del “duce”, il quale si irrita sempre più. Chiede se ricordano un suo precedente discorso, ma la piazza rimane muta, e Mussolini sbotta, paonazzo d’ira: “Se non lo avete letto, andate a leggerlo, se non lo ricordate, andate a rileggerlo” e volta le spalle, sibilando “questi piemontesi, tutti dei porci”.

Non c’entrava il Piemonte, evidentemente, ma la rinascita di un’opposizione di classe. Lo aveva ammesso poco tempo prima un rapporto riservato del Prefetto di Torino, che affermava:

la grande maggioranza delle maestranze metallurgiche della Fiat, nonostante la sua appartenenza formale al partito fascista, è rimasta quello che era, socialista e comunista per convinzione.

E il federale fascista Gazzotti aveva segnalato anch’esso con amarezza:

questa Fiat resta, nella sua manodopera, socialista e comunista, Non c’è quella partecipazione che ci si potrebbe attendere da una folla di miserabili disoccupati che da tutte le regioni d’Italia sale a Torino per fare della Fiat la più alta concentrazione operaia di tutto il Paese

Agnelli, intanto, si preparava alla guerra che, però, sperava lasciasse fuori l’Italia: infatti, fino ad un giorno prima delle due aggressioni, aveva continuato a fornire autocarri alla Francia e alla Grecia… E durante la guerra mantiene buoni rapporti con l’occupante tedesco, un po’ meno buoni con la Repubblica sociale italiana, la Repubblichina di Salò, che lo vorrebbe come ministro e non conta nulla. Mantiene buoni rapporti attraverso vari dirigenti con gli antifascisti moderati, ma anche con i comunisti, che ai primi di marzo del 1943 hanno scatenato il grande sciopero generale contro la guerra. Difende i suoi operai dalla deportazione in Germania (che colpisce comunque una parte dei “facinorosi”), ma convincendo i nazisti che sono essenziali per la produzione e che, spostando i macchinari e gli uomini, si perderebbero mesi preziosi. Per fermare gli scioperi, di cui conosce bene il movente politico ma anche il legame con le rivendicazioni economiche, concede forti aumenti, indennità, premi. I nazisti capiscono, i fascisti protestano, ma vengono tacitati con una visita di Valletta a Salò, dove questi dichiara di essere riconoscente per la legge sulla socializzazione e di essere pronto ad applicarla. Il 6 marzo 1945 si svolgono le elezioni per approvare o respingere il progetto: parteciperanno solo alcuni fascistoni, pari allo 0,6% dei lavoratori. Mussolini è furioso e minaccia ritorsioni, ma non fa in tempo, perché deve cominciare a preparare lo sgombero del Garda, per arroccarsi nel “ridotto della Valtellina”, da cui far ripartire la controffensiva. In realtà, si prepara la fuga, che finirà a Dongo.

I comunisti salvano le fabbriche, che sono state minate dai nazisti, e se ne impossessano. Le restituiranno, poi, in nome dell’unità nazionale, ad Agnelli, Valletta sarà assolto dall’accusa di collaborazionismo, adducendo come meriti i contatti avuti con esponenti alleati, nonché la sua capacità di ottenere dagli ufficiali tedeschi la salvezza degli stabilimenti. In realtà, ad ogni minaccia di smantellarli, si rispondeva garantendo l’aumento della produzione, facendosela, peraltro, pagare subito, probabilmente con i beni rastrellati in tutta l’Europa. Il giovani Gianni Agnelli, che si era fatto mandare in Russia (dove stava comodamente installato in una casa ben riscaldata e fornita di ogni ben di Dio, assai lontano dal fronte) e poi in Africa 8ugualmente senza l’ombra di un pericolo), si presenterà con un curriculum di “partigiano”. In realtà, aveva tentato di raggiungere una sua tenuta vicino ad Arezzo su un’auto guidata da un maresciallo tedesco a cui era stata offerta una macchina per i suoi servigi, ma aveva avuto un’incidente d’auto ed era stato ricoverato a Firenze, dove aspettò gli alleati presso i quali si arruolò come ufficiale di collegamento.

Gli unici a pagare sono stati gli operai, che avevano salvato le fabbriche. Agnelli e Valletta aspettarono poco tempo, per avere l’appoggio dei governi centristi a un nuovo rilancio industriale e per trovare il momento buono per licenziare tutti i più combattivi. Per qualche tempo, si tratterà solo di spostamenti nei “reparti confino”; ma, una volta reciso il legame tra le avanguardie e la massa, disorientata per la perdita rapida di tutte le conquistefatte, sarà la cacciata definitiva dalla Fiat.  Ma questa è un’altra storia…

[Tratto da: Il ‘capitalismo reale’, di Antonio Moscato, Teti Editore, Milano 1999]


Fonte

venerdì 27 maggio 2011

Evidenti segni di patologia ossessiva di Berlusconi al G8. Ma l'Italia può continuare a farsi rappresentare da uno così?


Berlusconi al G8 francese dice che i magistrati in Italia sono una patologia...

MA SEI TU UNA PATOLOGIA, CON I TUOI BUNGA BUNGA, LE TUE MENZOGNE, I TUOI CONFLITTI DI INTERESSI PUBBLICI E PRIVATI MAI RISOLTI, LE TUE OSSESSIONI CONTRO I MAGISTRATI E I GIORNALISTI, LA TUA MANCANZA ASSOLUTA DI VERGOGNA...I MAGISTRATI SONO SOLO LA CURA A TUTTO QUESTO.

Sarkozy lo sa e ride di te, Obama e la Merkel lo sanno e mascherano, col loro silenzio, il pensiero che prima ci liberiamo del berlusconismo, prima verrà scongiurato il contagio, la diffusione di questa nostra 'anomalia cancerosa' nel resto del mondo. Quando il primo a non prendere sul serio l'agenda dei lavori del G8 è proprio Berlusconi, che sembra vedere nel meeting solo un'opportunità mediatica di sbandierare, a megafono aperto e senza vergogna, i propri problemi giudiziari interni, come può il nostro nano-megalomane premier pretendere poi che gli altri capi di governo prendano sul serio lui?

ECCOLO MISTER B. AL G8, NEL RUOLO DEL
POVERO PERSEGUITATO...NOTARE COME SA
MASCHERARE AD ARTE LA SUA CONSUETA
FACCIA DA UOMO VINCENTE PER MEGLIO
INTERPRETARE LA PARTE...

E poi ecco, l'ultima trovata dei candidati di centro-destra: usare la popolarità canora di Gigi D'Alessio per riempire le piazze di Milano e Napoli alla vigilia dei ballottaggi! Un altro segno evidente che questa maggioranza di governo non ha più seguito nel paese, nè carte da giocare, che il governo Berlusconi, col suo sistema autocratico e propagandistico, è ormai arrivato al capolinea.

3.000 'indignados' recuperan plaza Cataluña

3.000 'indignados' han regresado sobre las 13 horas al centro de la plaza Cataluña tras producirse enfrentamientos con la policía toda la mañana, durante la cual los antidisturbios han cargado en numerosas ocasiones, y permanece una mínima presencia policial.



Vamos chicos, tengan fuerte...No se arrendan!

ESTA ES LA DEMOCRACIA DE LOS GOBIERNOS DE LA U.E.?

Los Mossos cargan contra los 'indignados'

Al menos 43 personas han resultado heridas leves en los incidentes ocurridos hoy en la Plaza de Cataluña de Barcelona cuando los Mossos d'Esquadra han cargado con porras contra simpatizantes de la acampada de 'indignados' que intentaban impedir la salida de camiones de limpieza. Fuentes policiales han confirmado que al menos 43 personas han sido heridas, entre ellas un agente de los Mossos y un joven que ha sido trasladado a un hospital de la ciudad.

Los agentes han cargado con porras contra un grupo de personas en la plaza Catalunya de Barcelona que intentaba impedir que los camiones de limpieza cargados con pertenencias de los acampados salieran del lugar.




Después de que los Mossos se desplegaran por la plaza para facilitar que las brigadas municipales limpiaran la zona y retiraran aquellos objetos que pudieran comportar un peligro para la seguridad, esta mañana han empezado a acudir a la plaza numerosos simpatizantes del movimientos de protesta, que han intentado cerrar todas las salidas de la plaza.

Algunos de los jóvenes concentrados han pinchado ruedas de los camiones de limpieza para impedir que abandonaran la plaza con los hornillos, mesas, sillas y demás utensilios y objetos que han ido acumulando los 'indignados' durante estos días de protesta, momento en que los Mossos han cargado contra ellos para facilitar la salida de los camiones. El Sistema de Emergencias Médicas (SEM) ha informado de que por el momento han atendido a una persona que ha resultado herida a consecuencia de estos incidentes.

Los antidisturbios de los Mossos d'Esquadra habían acordonado la plaza Cataluña de Barcelona, epicentro en Cataluña de la movilización surgida tras la manifestación del 15 de mayo contra de los recortes y por la justicia económica y social, para permitir que las brigadas del Ayuntamiento limpien la zona.
Retirar objetos contundentes

En el momento de la llegada de la policía, poco antes de las 7 horas de este viernes, en la plaza había 400 personas acampadas, aunque después no se ha permitido entrar a nadie, a la espera de que los trabajadores municipales limpien la zona. El objetivo es que retiren todo tipo de objetos contundentes que puedan resultar peligrosos de cara a la celebración del sábado de la final de la Champions en Canaletas.

Así, quieren que para este sábado no queden en la plaza bombonas de butano, carpas, palos, neveras y otros objetos que los concentrados han ido acumulando en estos 11 días que llevan de protesta. Los trabajadores de la limpieza se han llevado algunas tiendas de campaña instaladas en la hierba cercana de la fuente, además de ordenadores, impresoras, pantallas, palés y maderas.

Esos 150 han permanecido todo el tiempo sentados con las manos levantadas y aplaudiendo, en actitud pacífica, a la espera de que concluya la actuación policial. 300 agentes de Mossos y la Guardia Urbana se han desplegado en la zona, apoyados por un helicóptero policial.

A la misma hora, los Mossos y la Policía Local de Lleida han actuado en la acampada de esta ciudad en la plaza Ricard Vinyes, en el centro de la zona alta, también para facilitar la actuación de las brigadas. Unas 40 personas que estaban acampadas permanecen concentradas en el lugar y una de ellas ha sido trasladada a comisaría por la policía catalana tras algunos enfrentamientos.


Fuente

Spagna: polizia in tenuta anti-sommossa sgombera con i manganelli plaza Cataluña. Benvenuti nell'Europa delle destre, ragazzi!

Criticavano Zapatero? Volevano un cambio? Eccolo! Questo e' il  primo risultato della vittoria dei partiti di centro-destra alle ultime elezioni amministrative spagnole.

I GIOVANI SPAGNOLI CHE OCCUPAVANO PLAZA DE CATALUNYA SI SVEGLIANO OGGI TRAUMATICAMENTE DAL LORO BEL SOGNO RIVOLUZIONARIO NATO SOTTO L'ALA PROTETTRICE DI UN GOVERNO DI SINISTRA TUTTO SOMMATO ONESTO, QUELLO DI ZAPATERO.

ll video sotto mostra le violenze gratuite della Polizia spagnola contro i giovani manifestanti pacifici. Benvenuti nella realtà, ragazzi! Confesso che ero rimasto molto stupito dal vostro comportamento civile, dalla vostra mancanza di rabbia. Ma ora capisco il perchè: non eravate ancora stati scottati, come noi italiani, dalla dura reazione di un governo fascista, la mano violenta della legge delle destre non vi aveva ancora toccato nel vivo. Ora spero che la vostra reazione sia ancora più convinta e determinata, non potete mollare proprio adesso che avete sollevato le speranze di tanti giovani europei!



Da notare la trasparenza dei visi scoperti dei ragazzi contro l'anonimato vigliacco dei poliziotti che si nascondono dietro la visiera scura dei loro elmetti! Bastardi mastini al soldo del potere, vergognatevi almeno alla luce del sole!

IL CAVALIERE ERRANTE


Il nostro capo di governo è al capolinea, lo si capisce dal fatto che sta giocando le sue ultime carte. Al G8, con un'espressione disperata, tampina Obama per chiedergli aiuto: "In Italia abbiamo quasi una dittatura dei giudici di sinistra", gli ha detto. Ma cosa si aspetta il premier dal Presidente USA? Che faccia intervenire la CIA, o i potenti sionisti della massoneria americana e internazionale? Intende forse dirgli che in Italia è in pericolo la democrazia, proprio lui che in questi anni l'ha mortificata in tutti i modi? 

La cruda realtà è che Berlusconi si sarebbe dovuto dimettere quando ancora aveva un minimo di dignità. Gliel'avevano consigliato in tanti, ma lui, il grand'uomo, niente, non l'ha voluto fare. Peggio per  lui...adesso ne paga tutte le conseguenze.

giovedì 26 maggio 2011

Giulietto Chiesa: la rivolta de "los indignados" spagnoli arriva in Europa. E' il funerale dei partiti

Siamo in una falsa democrazia, partiti e governi sono controllati dal potere economico e dalle società segrete.

La gente non ne può più dei partiti che negli anni sono stati in grado di fare i loro interessi e quelli delle grandi corporation, ma non quelli dei cittadini. La rivolta spagnola presto in Italia.

IL POTERE DEI SOLDI - ADDENDUM con Supa (Video musicale)

http://www.mentereale.com - Su facebook : Paolo Cucchiara

I Protocolli dei Savi di Sion; un libro di profezie in fase di compimento; scaricate e leggetelo, non c'e' nulla da interpretare; avevano previsto tutto; le menti a monte; il male alle origini; il SIONISMO, creatori di tutte le porcate al mondo!

REVOLUTION IS NOW...


El gran discurso antisistema

Julio Anguita (IU de Extremadura, 1999).
El mejor discurso que he tenido el placer de escuchar. La realidad es para todos igual, la realidad es patética.


Las proféticas palabras de Julio Anguita, en mayo de 2010, sobre la crisis actual

19 de mayo de 2010 - Intervenciones de Julio Anguita en 59 Segundos.

Recopilación de las intervenciones del ex coordinador general de Izquierda Unida y ex alcalde de Córdoba, en el programa 59 Segundos de Televisión Española el día 19 de mayo de 2010.



Julio Anguita González fue secretario general del Partido Comunista de España entre 1988 y 1998, y coordinador general de Izquierda Unida entre 1989 y 2000.

Se retiró de la política y terminó sus últimos años de vida profesional como maestro, y esa es la pensión que tiene. Renunció a su pensión vitalicia; a ver cuántos políticos hacen eso.

"I Made Major Mistakes" - Ex-Seattle Police Chief on Response to 1999 WTO Protests 2 of 2

"I Made Major Mistakes" - Ex-Seattle Police Chief Admits Response to 1999 WTO Protests Was Too Heavy-Handed.
We speak with Norm Stamper, the police chief of Seattle during the 1999 WTO protests, when police responded to protests by firing teargas and rubber bullets into the mostly peaceful crowd. The protests resulted in 600 arrests and in the eventual failure of the WTO talks. Stamper resigned soon afterward. I made major mistakes, Stamper says of his handling of the situation.


mercoledì 25 maggio 2011

VOGLIO DIVENTARE ROM!

Secondo me, non è colpevole di omicidio solo chi uccide ma, in grado diverso, anche chi accetta l'idea che uccidere un essere umano sia giusto e magari appoggia una legge che giustifica quest'idea. Lo stesso identico principio vale per chi propone o non contrasta leggi palesemente persecutorie e discriminatorie a livello politico, economico, religioso: queste vanno tutte contro i diritti universali dell'uomo, giustificano l'odio razziale, la violenza, la xenofobia. Governi, Stati, partiti o singole persone sono tutti correi quando discriminano le minoranze, ad ogni livello. I diritti umani devono valere per tutti, altrimenti sono solo dei privilegi. La società italiana è diventata egoista, miserabile, mi fa schifo...Se potessi, preferirei di gran lunga DIVENTARE ROM! Sarei povero ma almeno vivrei libero e felice. VIA,VIA, andiamo via finchè siamo in tempo, da queste mortifere, persecutorie città, poichè se le amministrazioni comunali di Roma e Milano diffondono la discriminazione e l'odio razziale, sgomberando i campi rom, prima o poi la stessa sorte toccherà a ognuno di noi!

sabato 21 maggio 2011

David Harvey - Crisis del Capitalismo

Para los jóvenes de la Puerta del Sol en España, LA CRISIS ES EL CAPITALISMO.

En esta animación, el sociólogo David Harvey explica la crisis del capitalismo y plantea que éste es el momento de mirar hacia un nuevo orden social que nos permita vivir en un sistema responsable, más justo y humano.


David Harvey - Crisis del Capitalismo from ATTAC.TV on Vimeo.

La Puerta del Sol empieza a despertar hoy sábado

Niños y familias 'indignados' en la Puerta del Sol de Madrid.



Algunas propuestas de los indignatos

Estas son algunas de las propuestas que se tratan en las Asambleas de la "acampada" en la Plaza del Ayuntamiento de Valencia. 


 Algunas propuestas from ATTAC.TV on Vimeo.

DEMOCRACIA REAL YA! (ASAMBLEA EN LA PUERTA DE SOL 17/05/2011)

Madrid - Primera asamblea del 17 de mayo de 2011. Por una Democracia real ya! ¡Nos quedamos a dormir!

Con motivo de las cargas policiales de la noche del 15 de mayo y la madrugada del 16 de mayo, nos reunimos, cada vez en mayor número y fuerza, en la Puerta del Sol para reivindicar no a la ley electoral bipartidista, no a los banqueros, no a la violencia, no al paro y los despidos provocados por el sistema...



DEMOCRACIA REAL YA! (ASAMBLEA EN LA PUERTA DE SOL 17/05/2011) from Twiggy Hirota on Vimeo.

Il movimento degli 'indignatos'

Dall'Egitto all'Europa, la rivoluzione e' inziata" e arrivera' anche in Italia. E' fatta da "gente comune" che s'è stancata di un mondo fondato solo sul benestare di alcuni e il sacrificio dei molti.

Occorre agire e manifestare cio' che realmente vale nella nostra vita. Non possiamo piu' solo guardare, dobbiamo dimostrare cio' che è il nostro benessere a coloro che lo ignorano.

Siamo cavie del commercio elettronico, cavie di BANCHE e MUTUI, cavie per TELECOMUNICAZIONI E TELEFONIA...e' giunto il tempo di partecipare alla Rivoluzione verso un mondo fondato sui diritti dell'UOMO.

Da queste premesse di impegno sociale e politico in prima persona, nasce in Spagna, alla vigilia delle elezioni Amministrative, il seguente "Manifesto degli indignati", un documento che esprime il punto di vista di 25.000 giovani spagnoli dai 18 ai 25 anni che sono scesi in piazza e che apre la strada ad una nuova era.


Manifesto (Cast) - «Democrácia Real Ja»

Noi siamo gente comune. Siamo come te: gente che si alza ogni mattina per studiare, per lavorare o per trovare lavoro, gente che ha famiglia e amici. Gente che lavora duramente ogni giorno per vivere e dare un futuro migliore a chi ci circonda.

Alcuni di noi si considerano più progressisti, altri più conservatori. Alcuni credenti, altri no. Alcuni di noi hanno un'ideologia ben definita, alcuni si definiscono apolitici... Ma tutti siamo preoccupati e indignati per il panorama politico, economico e sociale che vediamo intorno a noi. Per la corruzione di politici, imprenditori, banchieri ... Per il senso di impotenza del cittadino comune.

Questa situazione fa male a tutti noi ogni giorno. Ma se tutti ci uniamo, possiamo cambiarla. È tempo di muoversi, è ora costruire insieme una società migliore. Perciò sosteniamo fermamente quanto segue:

Le priorità di qualsiasi società avanzata devono essere l’uguaglianza, il progresso, la solidarietà, la libertà di accesso alla cultura, la sostenibilità ecologica e lo sviluppo, il benessere e la felicità delle persone.
Ci sono diritti fondamentali che dovrebbero essere al sicuro in queste società: il diritto alla casa, al lavoro, alla cultura, alla salute, all’istruzione, alla partecipazione politica, al libero sviluppo personale, e il diritto di consumare i beni necessari a una vita sana e felice.

L'attuale funzionamento del nostro sistema economico e di governo non riesce ad affrontare queste priorità e costituisce un ostacolo al progresso dell’umanità.

La democrazia parte dal popolo (demos = popolo, cràtos = potere) in modo che il potere debba essere del popolo. Tuttavia in questo paese la maggior parte della classe politica nemmeno ci ascolta. Le sue funzioni dovrebbero consistere nel portare la nostra voce alle istituzioni, facilitando la partecipazione politica dei cittadini attraverso canali diretti e procurando i maggiori benefici alla società in generale, non per arricchirsi e prosperare a nostre spese, mentre si dà cura solo dei dettami dei grandi poteri economici e si aggrappa al potere attraverso una dittatura partitocratica capeggiata dalle inamovibili sigle del partito unico bipartitico del PPSOE.

L’ansia e l'accumulazione di potere in poche mani crea disuguaglianza, tensione e ingiustizia, il che porta alla violenza, che noi respingiamo. L’obsoleto e innaturale modello economico vigente blocca la macchina sociale in una spirale che si consuma in se stessa arricchendo i pochi e precipitando nella povertà e nella scarsità il resto. Fino al crollo.

La volontà e lo scopo del sistema è l'accumulazione del denaro, che ha la precedenza sull’efficienza e il benessere della società. Sprecando intanto le risorse, distruggendo il pianeta, creando disoccupazione e consumatori infelici.

I cittadini fanno parte dell’ingranaggio di una macchina destinata ad arricchire una minoranza che non sa nulla dei nostri bisogni. Siamo anonimi, ma senza di noi tutto questo non esisterebbe, perché noi muoviamo il mondo.
Se come società impariamo a non affidare il nostro futuro a un’astratta redditività economica che non si converte mai in un vantaggio della maggioranza, saremo in grado di eliminare gli abusi e le carenze di cui tutti soffriamo.

È necessaria una Rivoluzione Etica. Abbiamo messo il denaro al di sopra dell’Essere umano mentre dovremo metterlo al nostro servizio. Siamo persone, non prodotti sul mercato. Io non sono solo quel che compro, perché lo compro e a chi lo compro.

Per tutto quanto sopra, io sono indignato.

Credo di poterlo cambiare.

Credo di poter aiutare.

So che insieme possiamo.

Esci con noi. È un tuo diritto.

venerdì 20 maggio 2011

Da cosa deriva l'antipatia della destra?

Dalla sua tendenza a difendere gli interessi d'elite, a favorire i pochi sui tanti, a scendere nascostamente a patti con i poteri criminali pur di raggiungere i propri obiettivi.

NAPOLETANI (CHE AVETE VOTATO LETTIERI), SCUSATE LA FRANCHEZZA, MA SIETE PROPRIO DELLE TESTE DI CA$$O, DEI VENDUTI E PURE DEI DISONESTI!... AH, GIA', LO FATE PER PREMIARE BERLUSCONI CHE VI HA RISOLTO IL PROBLEMA DEI RIFIUTI... NO, NON MI PARE PROPRIO. ALLORA PERCHE' BARATTATE IL VOSTRO VOTO CON UN PEZZO DI PANE O UN'OFFERTA DI LAVORO A TERMINE?...NON AVETE UN MINIMO DI DIGNITA'? CERTO, DEV'ESSERE UN PRIVILEGIO INCOLLARE MANIFESTI ELETTORALI DELLA DESTRA ED ESSERE PURE PAGATI PER FARLO...TANTO POI QUALCUNO DEL PARTITO OPPOSTO LI IMBRATTERA' DI SCRITTE OSCENE...
MA A CHE VI  SERVONO QUESTE POCHE BRICIOLE? FRA 2 GIORNI, 2 SETTIMANE O 2 MESI SARETE DI NUOVO AFFAMATI E SENZA LAVORO, E PER DI PIU' SCHIAVI DI UN PRINCIPE CHE SI CHIAMA SILVIO BERLUSCONI O DI QUALCHE ALTRO PADRONE FINTAMENTE MAGNANIMO CHE VERRA' PER INGANNARVI. ORGANIZZATEVI INVECE, LA PARTE SANA DI VOI SI RIBELLI UNA VOLTA PER TUTTE! LETTIERI DICE: "NAPOLI MI HA DATO TANTO. ADESSO VOGLIO RESTITUIRE ALLA CITTA' TUTTO CIO' CHE POTRO". PERO' NON DICE CON QUALI SOLDI FARA' AI NAPOLETANI QUESTO SUO REGALO: CON QUELLI PERSONALI DI BERLUSCONI (NON CREDO) O QUELLI DELLA CAMORRA? PERCHE' ALTRI SOLDI NON CE NE SONO. LE CASSE DELLO STATO SONO VUOTE, E' ORA DI RENDERCENE CONTO. NON FIDATEVI DEL RICCONE CHE VI PROMETTE DELLE FAVOLE, LA VERITA' E' CHE NESSUNO VI DARA' DI PIU' DI CIO' CHE  POTETE DARVI DA SOLI, TUTTI INSIEME...NON ASPETTATEVI NIENTE DAGLI ALTRI E TUTTO QUELLO CHE ARRIVERA' IN PIU', QUELLO SI' CHE SARA' UN VERO REGALO, POICHE' SARA' UN QUALCOSA DI INASPETTATO. AVETE TANTI PREGI VOI NAPOLETANI, NON MERITATE QUESTA CONTINUA SUBALTERNITA' O SUDDITANZA AL POTENTE DI TURNO. A CHE VI GIOVA SPARGERE IN MEZZO ALLA STRADA I RIFIUTI ACCUMULATI AI BORDI? SOLO A FARE UN LAVORO IN PIU' PERCHE POI QUALCUNO DOVRA' RIMETTERLI DI NUOVO DOV'ERANO. IL SOGNO E' FINITO, LE ILLUSIONI  DI ARRICCHIMENTO FACILE CHE VI HA INCULCATO LA CAMORRA E TANTI ANNI DI MALA-POLITICA, DIMENTICATELE....ANCHE L'ILLUSIONE DELLA DEMOCRAZIA IN ITALIA E' FINITA. SIATE RESPONSABILI DEL VOSTRO PRESENTE E  PROTAGONISTI DEL VOSTRO FUTURO! DATEVI DA FARE, NON LAMENTATEVI SOLO, RIMBOCCATEVI LE MANICHE, NON SIATE SUDDITI DENTRO, LIBERATEVI FINALMENTE DALLA MANIPOLAZIONE INSITA NELL'IDEA CHE CHI DETIENE IL CONTROLLO LOCALE LO FACCIA PER IL VOSTRO BENE, CHE SIA UNA SPECIE DI SIGNOROTTO ILLUMINATO AL VOSTRO SERVIZIO, E' UN CONCETTO SBAGLIATO CHE COLONIZZA LA VOSTRA MENTE DA TROPPO TEMPO!

Salone Internazionale del Libro 2011 - L'uomo dell'anno

Goliardata di un gruppo di studenti al Salone Internazionale del Libro di Torino. Un finto libro, un finto autore per smascherare i meccanismi di finzione e accondiscendenza che spesso accompagnano il lancio di un fenomeno letterario. Gli illustri "colleghi" del giovane Manuele Madalon (Sgarbi, Dandini, De Cataldo, Annunziata) fingono di aver letto il suo primo libro, dandogli addirittura consigli per migliorare. Peccato che sia tutto uno scherzo e che il libro "L'implosione" non sia mai esistito. 

La web tv Polimedia segue la nascita del fenomeno editoriale Madalon.

giovedì 19 maggio 2011

USA, debito pubblico e armi



Se la Grecia va in default le conseguenze saranno comunque limitate. I greci diventeranno più poveri, la UE più instabile, l'euro perderà valore e chi ha comprato titoli di Stato ellenici, come Formigoni (115 milioni di euro) per la Regione Lombardia, si attaccherà al tram (in questo caso più i lombardi del loro governatore abusivo). Se gli Stati Uniti vanno in default la questione è completamente diversa e gli effetti imprevedibili. Di fronte al debito pubblico americano di 14.260 miliardi di dollari la mente vacilla. E' un numero incomprensibile per un essere umano. Sta per essere raggiunto il tetto massimo di 14.294 miliardi oltre il quale per legge è previsto il default. Il segretario del Tesoro americano Geithner per evitare il crollo economico ha proposto di alzare il livello di indebitamento. Geniale, quasi meglio di Tremorti. La soluzione più ovvia, quella di diminuire drasticamente le spese militari in cui gli Stati Uniti sono primi al mondo con investimenti pari a circa 10 volte quelli di qualunque altro Paese, non è stata presa in considerazione. Forse perché gli armamenti, oltre a produrre il debito, lo garantiscono.

Fonte: beppegrillo.it

mercoledì 18 maggio 2011

La verità sul Fondo Monetario Internazionale

Il Direttore dimissionario del FMI, Dominique Strauss-Kahn,
attualmente in carcere negli Stati Uniti con l'accusa di stupro.

Il Fondo Monetario Internazionale (International Monetary Fund, di solito abbreviato in FMI in italiano e in IMF in inglese) è, insieme al Gruppo della Banca Mondiale, una delle organizzazioni internazionali dette di Bretton Woods, dalla sede della Conferenza che ne sancì la creazione.
L'Accordo Istitutivo acquisì efficacia nel 1945 e l'organizzazione nacque nel maggio 1946. L 'FMI si configura anche come un Istituto specializzato delle Nazioni Unite (ONU).

I suoi obiettivi sono (dovrebbero essere):
- Promuovere la cooperazione monetaria internazionale
- Facilitare l'espansione del commercio internazionale
- Promuovere la stabilità e l'ordine dei rapporti di cambio, evitando svalutazioni competitive
- Dare fiducia agli Stati membri rendendo disponibili, con adeguate garanzie, le risorse del Fondo per affrontare difficoltà della bilancia dei pagamenti
- In relazione con i fini di cui sopra, abbreviare la durata e ridurre la misura degli squilibri delle bilance dei pagamenti degli Stati membri.

Ogni membro (attualmente 185 paesi) può accedere al credito del fondo (SBA ed EFF), in un anno, fino al massimo del 100% delle quote sottoscritte e, cumulativamente, fino al massimo del 300%; l'ammontare dei prestiti può essere elevato in casi eccezionali.
Il Fondo Monetario Internazionale è fortemente criticato dal movimento no-global e da alcuni illustri economisti, come il Premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz, che lo accusano di essere un'istituzione manovrata dai poteri economici e politici del cosiddetto Nord del mondo e di peggiorare le condizioni dei paesi poveri anziché adoperarsi per l'interesse generale.
Il sistema di voto, che chiaramente privilegia i paesi "occidentali", è considerato da molti iniquo e non democratico. Il FMI è accusato di prendere le sue decisioni in maniera poco trasparente e di imporle ai governi democraticamente eletti che si trovano così a perdere la sovranità sulle loro politiche economiche.

Il board esecutivo e il board dei governatori del FMI non danno a tutti i Paesi la stessa possibilità di essere rappresentati.
L’assegnazione del numero dei voti è basata sul sistema “un dollaro un voto”, che quindi antepone la ricchezza alla democrazia. I paesi più ricchi controllano il board esecutivo sia in termini di seggi che di voti, nonostante il Fondo sia quasi completamente impegnato in Paesi a basso e medio reddito. Questo sistema, creato durante il periodo coloniale e controllato dai governi dei Paesi sviluppati, è inadeguato e necessita di essere radicalmente modificato.
Perciò molti economisti, rappresentati del governo e associazioni chiedono una struttura del Fondo che sia realmente democratica, che abbia gli stessi standard di democrazia richiesti a livello nazionale. Per raggiungere questo obiettivo, si auspica l’adozione immediata di un sistema di voto a doppia maggioranza. Le decisioni dei board dovrebbero essere prese solo con il consenso della maggioranza dei governi membri e con la maggioranza dei voti a favore. Il sistema “un Paese, un voto” contro-bilancerebbe il sistema “un dollaro, un voto”. La combinazione dell’attuale sistema di voto con la richiesta di un accordo della maggioranza dei governi membri contribuirebbe a superare l’ineguaglianza che caratterizza il meccanismo decisionale del FMI.

Come espresso prima Joseph Stiglitz ha apertamente criticato l’operato del Fondo Monetario Internazionale.
Stiglitz ha rivestito ruoli rilevanti nella politica economica. Ha lavorato nell'amministrazione Clinton come Presidente dei consiglieri economici (1995 –1997); alla Banca Mondiale ha assunto la posizione di Senior Vice President e Chief Economist (1997 – 2000), prima di essere costretto alle dimissioni dal Segretario del Tesoro Lawrence Summers.
Stiglitz esprime il suo disappunto per la politica del FMI nel suo libro intitolato "Globalization and Its Discontents" 92 ("La globalizzazione e i suoi oppositori"), dove analizza gli errori del FMI e della gestione delle crisi finanziarie che si sono susseguite negli anni novanta, dalla Russia ai paesi del sud est asiatico all'Argentina. Stiglitz illustra come la risposta del FMI a queste situazioni di crisi sia stata sempre la stessa, basandosi sulla riduzione delle spese dello Stato, una politica monetaria deflazionista e l'apertura dei mercati locali agli investimenti esteri. Tali scelte politiche venivano di fatto imposte ai paesi in crisi ma non rispondevano alle esigenze delle singole economie, e si rivelavano inefficaci o addirittura di ostacolo per il superamento delle crisi.

Stiglitz critica il FMI su diversi punti.
Analizzando la crisi dell’Est asiatico, Stiglitz ricorda che il 2 luglio 1997 crollò il baht tailandese che segnò l’inizio della più grande crisi economica dai tempi della Grande depressione, una crisi che partendo dall’Asia sarebbe andata a colpire anche Russia e America Latina.
Il baht, che per dieci anni era stato scambiato con un rapporto di 25:1 rispetto al dollaro, dalla sera alla mattina subì una svalutazione di circa il 25 per cento.

Ormai la crisi è passata ma sfortunatamente le politiche imposte dal FMI durante quel periodo tumultuoso hanno peggiorato la situazione, e in molti casi hanno provocato addirittura l’inizio di una crisi: secondo Stiglitz una liberalizzazione eccessivamente rapida dei mercati finanziari e dei capitali è stata probabilmente la causa principale della crisi, sebbene vi abbiano condotto anche alcune politiche sbagliate condotto dai singoli paesi.
Oggi gli esperti del FMI hanno riconosciuto molti errori, ma non tutti.
Si sono resi conto, per esempio, di quanto possa essere pericolosa una liberalizzazione troppo rapida del mercato dei capitali, ma è un cambiamento di opinione che arriva quando ormai è troppo tardi per aiutare i paesi in difficoltà.

Nei tre decenni precedenti alla crisi, l’Est asiatico non era soltanto cresciuto più velocemente di qualsiasi altra regione del mondo, più o meno sviluppata, riuscendo addirittura a ridurre la povertà, ma aveva anche acquisto stabilità e si era salvato dagli alti e bassi che caratterizzavano tutte le economie di mercato.
Tanto che quei risultati positivi vennero descritti come “il miracolo asiatico”.
Quando scoppiò la crisi però il FMI e il Tesoro degli Stati Uniti fecero aspre critiche contro questi paesi, incolpandoli di avere dei governi corrotti e urgeva una riforma radicale.
Stiglitz però si interroga: “come è possibile che le istituzioni di questi paesi abbiano funzionato così bene per tanto tempo se sono marce e corrotte?” . La risposta si evinse chiaramente dalla relazione intitolata “The East Asian Miracle” realizzata dalla Banca Mondiale su pressione dei giapponesi: quei paesi asiatici avevano avuto successo non solo malgrado il fatto di non aver seguito il diktat del Washington Consensus, ma proprio perché non li avevano seguiti; fu così evidenziato l’importante ruolo svolto dai governi.

Mentre le politiche del Washington Consensus mettevano in risalto la privatizzazione, i governi asiatici a livello nazionale e locale davano contributi per la creazione di imprese efficienti che hanno svolto un ruolo decisivo nel successo di alcuni di questi paesi.
Quando cominciò la crisi, l’Occidente non ne colse la gravità.
Il FMI per risolvere la crisi impose un’impennata dei tassi d’interesse e tagli alle spese, nonché di introdurre nei paesi cambiamenti sia economici che politici.
Il FMI stava fornendo miliardi di dollari a questi paesi, ma a condizioni di così ampia portata che i paesi che accettavano i finanziamenti finivano per rinunciare a gran parte della loro sovranità economica.

Nonostante ciò, i programmi del FMI sono falliti: avrebbero dovuto arrestare la caduta dei tassi di interesse, che invece si sono mantenuti in discesa, senza che il mercato abbia minimamente dimostrato di aver preso atto che fosse arrivato il FMI a “salvare la situazione”. Imbarazzato dal fallimento della sua ricetta il FMI ha puntualmente incolpato il paese di turno di non aver attuato sul serio le riforme necessarie.
Con l’aggravarsi della crisi aumentò la disoccupazione: la percentuale di disoccupati era quadruplicata in Corea, triplicata in Thailandia e decuplicata in Indonesia.
Il rallentamento nella regione ha avuto ripercussioni globali:la crescita economica complessiva fu rallentata e, con questo rallentamento, sono crollati i prezzi delle materie prime.

Secondo il premio Nobel americano, a generare le crisi economiche dall’Est asiatico all’America Latina, dalla Russia all’India, ritiene che la colpa vada imputata alla liberalizzazione dei movimenti di capitali. Secondo Stiglitz essa può creare rischi enormi persino in quei paesi che hanno banche forti, borse valori mature e altre istituzioni che molti di quei paesi in crisi non possedevano. Nonostante egli esempi del passato, il FMI ripropone la sua ricetta di liberalizzazione dei capitali, nella bizzarra ipotesi che questa migliorerebbe la stabilità economica attraverso una maggior diversificazione delle fonti di finanziamento. Basterebbe però analizzare i dati relativi ai flussi di capitali per rendersi conto che essi hanno un andamento prociclico, cioè defluiscono da un determinato paese in tempi di recessione, proprio quando il paese ne ha più bisogno, e affluiscono verso il paese nel periodi di rapida espansione, esasperando le pressioni inflazionistiche.

Analizziamo due casi: la Corea del Sud dove è intervenuto il FMI e la Cina che scelse di non seguire le politiche del Fondo.

1. In Corea il FMI, nonostante conoscesse l’eccessivo indebitamento delle aziende, insistette che fossero aumentati i tassi di interesse e ciò aumentò il numero delle aziende in crisi e, di conseguenza, il numero delle banche che si trovarono a gestire “crediti in sofferenza”. In pratica il FMI era riuscito a congegnare una contrazione simultanea tanto della domanda quanto dell’offerta.
Il FMI si giustificava dicendo che le sue politiche avrebbero aiutato a riportare la fiducia nei mercati dei paesi colpiti. Ma chiaramente un paese in piena recessione non ispira alcuna fiducia.

2. Confrontando quello che è successo in Cina invece, che come la Malesia scelse di non seguire i programmi del FMI, vediamo chiaramente gli effetti negativi delle politiche del FMI.
La Cina , del resto come l’India, fu uno dei grani paesi in via di sviluppo che è riuscita ad evitare la devastazione della crisi economica mondiale introducendo dei controlli sui movimenti dei capitali.

Mentre i paesi in via di sviluppo con mercati dei capitali liberalizzati hanno registrato un declino dei redditi, l’India è cresciuta di oltre il 5% e la Cina quasi dell’8%. Questi risultati notevoli sono stati seguiti non certo seguendo le ricette del FMI, bensì quelle dell’ortodossia economica che gli economisti insegnano da più di mezzo secolo. La Cina ha colto l’occasione di associare ai suoi obiettivi a breve termine quelli di una crescita di lungo periodo, stimolando una domanda enorme di infrastrutture.
Conn Hallinan è analista in politica estera al Foreign Policy, ed insegnante di giornalismo all’Università della California a Santa Cruz. Hallinan scrive che l’ultima vittima in ordine di tempo del FMI sia stata appunto l’Argentina: la terza economia, per importanza, dell'America Latina è stata fatta deragliare dalle politiche del Fondo Monetario Internazionale che hanno già devastato popolazioni ed economie da Mosca a JaKarta riempiendo al contempo i forzieri delle banche e delle organizzazioni finanziarie.

Secondo Hallinan il mito più diffuso riguardo al FMI è che si tratti di un organismo “internazionale". Infatti, ha molti membri ma gli Stati Uniti ed i suoi alleati prendono tutte le decisioni. L'Olanda, ad esempio, ha più potere di voto della Cina e dell'India. "Internazionale" sarebbe quindi una comoda finzione che permette all'organizzazione di evitare il controllo del Congresso. Quello che il FMI fa è di fare un'offerta che non è possibile rifiutare. 
Quando L’Argentina attraversò un periodo economico burrascoso all’inizio degli anni ’90, il Presidente Bush (senior) e il Fondo offrirono un prestito condizionato all’ancoraggio del Peso Argentino al Dollaro, alla totale privatizzazione di banche e servizi, alla rimozione di dazi doganali ed alla liberalizzazione della circolazione dei capitali.

L’Argentina ha abboccato e i capitali stranieri sono affluiti. Per alcuni (i benestanti) l’economia decollò, ma legare il peso al dollaro ha reso le esportazioni argentine proibitive mentre l’inondazione di importazioni estere a basso costo ha minato la base industriale del paese: chiusura di fabbriche, diffusione della disoccupazione ed implosione del debito. La libera circolazione dei capitali ha permesso a compagnie straniere di spillare profitti all’estero ed ha aperto le porte ai “vulture funds”, che hanno acquistato gran parte del debito per fare il colpo grosso con gli elevati tassi d’interesse.
Il fondo Toronto Trust Argentina98 ha avuto un ritorno del 79,25% sui debiti acquistati pari a trenta volte quello che avrebbe realizzato con i Bonds del tesoro statunitensi.

L’effetto delle privatizzazioni proposte dal FMI portarono una compagnia francese ad acquistare gli acquedotti del paese e aumentare le tariffe del 400%.
L'Argentina era guardata dal mondo come il paese dove il pensiero unico del F.M.I. e della Banca Mondiale aveva vinto. Un miracolo economico! Ma le privatizzazioni prima o poi finiscono, lo squilibrio commerciale resta, lo Stato deve drenare denaro sui mercati internazionali attraverso prestiti internazionali in valuta, ad ogni giro i tassi salgono e il rating diminuisce. I tassi alti scoraggiano l'economia e per tre anni l'Argentina va in recessione. Le Grandi Famiglie (3% della popolazione) incominciano a cambiare i pesos in dollari. Servono altri prestiti, sempre più cari.

A questo punto scoppia la crisi finanziaria.
Nessuno presta più soldi all'Argentina che è costretta a tagliare del 13% i salari pubblici e a bloccare totalmente la spesa pubblica. Neanche questo basta, ed ecco l'F.M.I., caritatevole, giungere in soccorso, prestando 8 miliardi di dollari . con una clausola, però, che l'Argentina aderisca al F.T.A.A. (Free Trade Area of the Americas) cioè si apra al libero scambio con gli USA.

Doppia trappola: il deflusso di dollari non potrà che aumentare, per il libero scambio e in più si mette in ginocchio il Brasile e si fa saltare il Mercosur (il Mercato dell'America del sud).
La crisi finanziaria argentina è solo rimandata di qualche mese: una boccata d'ossigeno per l'UBS, Citygroup e Chase Manhattan e altre grandi banche che hanno ancora qualche mese per “securizzare” i propri crediti, cioè farli scomparire nel risparmio gestito di fondi pensione. Quando la stessa cosa avvenne in Messico nel 1995 a rimetterci fu il Fondo Pensione degli Insegnanti della California! Ma ormai è fin troppo chiaro: le ricette virtuose del F.M.I. sono catastrofiche.
Dopo il Sud Est asiatico e la Russia hanno rovinato il Sudamerica. Ma la grande fornace di Wall Street ha bisogno di capitali esteri che tengano su i corsi azionari e quindi `mors tua vita mea'!

Meraviglie della globalizzazione dei mercati finanziari!
Ma a dicembre del 2001 la crisi esplode senza remissione. Prima l'annuncio del default sul debito, bonds sovereign e local market instruments collocati compiacentemente sui mercati internazionali per un valore di oltre 58 miliardi di dollari vanno in default. Il Ministro dell'Economia Domingo Cavallo tentò un ultimo colpo da presitigiatore finanziario: lo Swap del debito.
Tassi al 7% invece del 30% e più e allungamento delle scadenze. I mercati non accettano. Gli argentini così incominciano a dubitare che un dollaro valga un peso. Le banche sono prese d'assalto per cambiare pesos in dollari. I capitali defluiscono e con essi la possibilità di far fede agli impegni assunti con il F.M.I. In più la crisi riduce i profitti e i consumi. Crollano dunque anche le entrate fiscali e l'obiettivo del `deficit di bilancio zero torna ad essere quello che era sempre stato: una pura utopia. Si limita la possibilità di ritirare denaro a 1.000 dollari mese. I bancomat vengono presi d'assalto e presto vanno in Tilt. Ormai è crisi di liquidità. Il F.M.I. nega la `tranche' di oltre 1 miliardo di dollari dell'ultimo accordo di sostegno.

Anche loro sanno che sarebbe ormai solo una goccia in un mare di debiti. Iniziano gli assalti ai supermercati e la crisi che tutti conosciamo.
Il crac in Argentina non può essere imputato semplicemente alla corruzione nazionale ma al sistema “politico” del FMI che, invece di sostenere una partecipazione vera nello sviluppo della nazione, ha introdotto meccanismi monetaristici che hanno portato alla rovina economica il paese.
Tra Paesi che soccombono in crisi finanziarie, c’è invece un paese che si libera dal debito nei confronti del FMI e Banca Mondiale, ovvero il Venezuela del Presidente Hugo Chàvez.
Il paese sudamericano ha estinto il debito con il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale e adesso nutre come secondo obiettivo la costituzione del Banco del Sur.
Il Venezuela ha recuperato interamente la sua sovranità; le sue orme potrebbero essere seguite da tanti altri paesi sudamericani od europei. Naturalmente tutto dipende se al tavolo delle trattative si indossi la veste del finanziatore pro-lobby o del debitore.

Salvatore Tamburo – www.pressante.com

Fonti:
http://bankitaliasignoraggioenwo.blogspot.com 
www.imf.org
STIGLITZ J., La globalizzazione e i suoi oppositori Torino, Einaudi, Torino (2002)
www.foreignpolicy.com 
http://www.aamterranuova.it
http://www.disinformazione.it/fondo_monetario.htm

Il Papa Ratzinger rimprovera Berlusconi durante l'Angelus

...e dopo questa telefonata il povero Papa tornerà a fare il chirichetto!

Jurista alemán pide a Presidente Obama libere a Los Cinco

Günter Belchaus, miembro del Comité Internacional por la Libertad de los cinco antiterroristas cubanos prisioneros políticos en Estados Unidos desde 1998, solicitó al Presidente Barack Obama que los excarcele, por el bien de la justicia.

En carta enviada al mandatario, el ex asesor del Ministerio de Justicia de la República Federal de Alemania, expresa que Obama tiene en sus manos la potestad para, según el Artículo II, Sección dos de la Constitución de su país, excarcelar mediante un indulto a esos patriotas, reseña la agencia Prensa Latina.

Lo exhorto a usar ese poder, por el bien de la justicia, por el bien de la humanidad, en aras de los derechos humanos y con el fin de justificar las esperanzas de tantas personas en todo el mundo, destacó en la misiva el abogado jubilado.

Gerardo Hernández, Ramón Labañino, Fernando González Antonio Guerrero y René González son inocentes, que continúan injustamente en cárceles de Estados Unidos, luego de casi 13 años de encierro, significó.

Ellos fueron apresados y luego sentenciados a largas penas, por monitorear acciones criminales que organizan -con el consentimiento de Washington- agrupaciones terroristas anticubanas radicadas en el estado de Florida..

Belchaus, también integrante del comité alemán Basta Ya, fundado a fines de 2002, ratifica al gobernante la demanda de que se haga justicia en el caso del terrorista Luis Posada Carriles, quien se halla en libertad en Miami, donde tiene un refugio seguro, no obstante haber causado la muerte de muchos cubanos mediante acciones criminales.

(Con información de la AIN)

martedì 17 maggio 2011

Israele propone la pace...?

La progressiva perdita di territorio palestinese dal 1946 al 2000.
Nel 1948 nasce lo Stato di Israele. Perchè fin da subito i confini
non sono stati fissati una volta per tutte? Quale sordido complotto
c'è sotto? Quale tacito accordo tra sionisti e americani fu stipulato
in quella data? Prima diteci la verità...e poi avrà senso la pace!

Ormai non ci credo più...sono diventato scettico. Quello di Israele mi pare uno schema fisso: pugno di ferro e guanto di velluto. Troppo facile, prima spargono sangue e poi propongono la pace. La politica israeliana è sempre stata questa. Temo che non ci sarà nessuna novità, purtroppo.

IL MINISTRO DELLA DIFESA ISRAELIANO EHUD BARAK ha parlato martedì di un possibile piano per un accordo di pace coi palestinesi, accennando quelli che potrebbero essere i punti principali che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu illustrerà questo mese nel suo prossimo discorso davanti al Congresso americano e al presidente Barack Obama. Parlando al ricevimento tradizionalmente organizzato per i soldati in servizio nel quartier generale delle Forze di Difesa israeliane a Tel Aviv, Barak ha detto che Israele è pronto a compiere “passi coraggiosi” pur di arrivare alla pace. “Alla vigilia di questa 63esima Giornata dell’Indipendenza – ha detto – Israele si presenta come il paese più forte e più stabile nel raggio di 1.500 chilometri attorno a Gerusalemme. Questa posizione di forza e di fiducia in se stessi richiede che Israele formuli un piano ampio e coraggioso per bloccare quella sorta di tsunami politico che sta per arrivare il prossimo settembre”. Il riferimento è al proposito dell’Autorità Palestinese di dichiarare alle Nazioni Unite l’indipendenza dello stato palestinese unilateralmente, cioè senza negoziato né accordo con Israele. 

5 sorelle palestinesi uccise dall'esercito israeliano.
Il loro sangue, insieme a quello di tanti altri bambini
e giovani palestinesi, grava sulla coscienza di questo
ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, che ora
propone la pace. Forse lo fa perchè la sua coscienza
non lo lascia dormire la notte? E perchè Obama non
dice mai nulla su questa strage nascosta di innocenti?

Barak ha detto che Israele è pronto a prendere “decisioni difficili” fintanto che rimangono integre la sua sicurezza e i suoi rapporti con gli Stati Uniti. Dopodiché ha presentato i punti salienti del suo piano: – Un confine permanente, definito sulla base dei vitali interessi di sicurezza e demografici, tale che i grandi blocchi di insediamenti a ridosso della ex linea armistiziale e i quartieri a maggioranza ebraica di Gerusalemme rimangano sotto sovranità israeliana, accompagnato da scambi di terre tali da lasciare nelle mani dei palestinesi una quantità di territorio analoga a quella che stava al di là della linea armistiziale prima del 1967. – Misure di sicurezza che prevedano una presenza militare israeliana permanente lungo il fiume Giordano, a protezione del confine orientale, e garanzie che lo stato smilitarizzato palestinese non possa diventare un’altra striscia di Gaza o un altro Libano. – Insediamento dei profughi palestinesi (e loro discendenti) nello stato palestinese. – Intese concordate per l’area santa di Gerusalemme. – Infine, ma più importante, una esplicita dichiarazione che, con l’accordo di pace, il conflitto è terminato e con esso cessa ogni ulteriore rivendicazione fra le parti, unita a un riconoscimento formale di Israele come stato nazionale del popolo ebraico e dello stato palestinese come stato nazionale degli arabi palestinesi. Barak ha spiegato che questi principi corrispondo in pratica alle richieste che Israele avanza sin dall’anno 2000. Ha chiesto inoltre alla comunità internazionale di adoperarsi per lo “smantellamento delle strutture terroristiche nella striscia di Gaza” e di fare propri i principi stabiliti dal Quartetto per il Medio Oriente (Usa, Ue, Russia,Onu), e cioè: riconoscimento del diritto di Israele ad esistere, riconoscimento degli accordi precedenti sottoscritti da israeliani e palestinesi, ripudio della violenza e del terrorismo. “Ai quali aggiungerei – ha concluso Barak – la richiesta perfettamente comprensibile per qualunque persona civile che, prima di ogni altra cosa, venga permesso alla Croce Rossa di vedere Gilad Shalit”, l’ostaggio israeliano trattenuto da Hamas nella striscia di Gaza sin dal giugno 2006.

(17 mag 2011, Fonte)

lunedì 16 maggio 2011

RUSSIA: MILITARI SPARANO CONTRO UN UFO


Un gigantesco UFO è apparso sopra il villaggio russo di Lesopilniy il giorno 11 maggio 2011 e sarebbe stato colpito dal fuoco dell'artiglieria dei militari russi della zona. Un telegiornale russo dell'emittente televisiva "Gubernia TV" ha diffuso questa notizia e sul canale Youtube il 12 maggio è stato poi pubblicato il video del servizio giornalistico. Vediamo cosa è stato affermato nel servizio di cronaca giornalistica andato in onda nel corso del telegiornale di Gubernia TV: i residenti del villaggio di Lesopilniy sono stati testimoni dell'avvistamento di un gigantesco UFO che fluttuava sopra la loro località. Un oggetto che non avevano mai visto prima e non assomigliava a niente di convenzionale e noto alla scienza umana. La visione dell'UFO ha portato sconvolgimento e panico tra gli abitanti. L'oggetto aveva un diametro di circa 200 metri ed era molto più grande di un aereo passeggeri, riportano i testimoni. Molte persone, nel corso dell'avvistamento si sono chiuse in casa per la paura ed hanno messo di guardia una "sentinella" per monitorare i movimenti dell'UFO.

Un ragazzino ha tentato di filmare l'oggetto con il suo cellulare inutilmente poichè inspiegabilmente il video girato non mostrava nulla, all'infuori di uno schermo nero. Allora provvede a buttare giù su un foglio uno schizzo dell'oggetto.
 

Disegno della descrizione dell'UFO.

Anche degli addetti di una base militare situata nelle vicinanze del villaggio hanno osservato ad occhio nudo l'UFO. Invece i radar non hanno rilevato nulla sui loro schermi. I militari di questa base hanno poi fatto fuoco sull'UFO sparando dei proiettili poichè temevano che fosse ostile, ma invece non lo era: l'UFO è ripartito velocemente dirigendosi in cielo verso l'alto velocemente per poi scomparire alla vista.
Dalle autorità governative sono giunte spiegazioni convenzionali sull'avvistamento del misterioso oggetto da parte di scienziati ed autorità governative (piuttosto ridicole, che non sussistono e che ovviano il negazionismo sulla realtà aliena).
Essi hanno detto che poteva trattarsi di:

-Meteore o altri fenomeni atmosferici non riconosciuti dai testimoni
-Riflessi di luci nell'acqua
-Gas di palude
-Sciami d'insetti con dorsi brillanti.

I testimoni però non hanno accettato queste ipotesi tranquillizzanti fornite dagli apparati governativi e rimangono sicuri di quello che hanno visto con i loro occhi, cioè un UFO.


Fonte

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