Così come il sesso, neanche il gioco sembra piacere troppo agli italiani quando è sicuro. Meglio il rischio, il brivido. Anche quando ci si approccia a “concorsi” mordi e fuggi dal rischio apparentemente nullo. Stiamo parlando dei “gratta e vinci”: banali tagliandini che al modico prezzo di (ma sarebbe meglio dire ‘a partire da’) 5 euro offrono innumerevoli opportunità di vincita. E il tutto senza dover aspettare noiose estrazioni televisive con tanto di bimbi bendati, che fanno molto sadomaso. Il sadismo nei gratta e vinci è già insito nella poca chiarezza con cui il gioco viene reclamizzato e disciplinato.
La leva commerciale del gioco, oltre alla ovvia praticità di poter giocare come e quando si vuole, giace senza dubbio nella pubblicità del prodotto riportata sullo stesso tagliando, che riporta solitamente il premio maggiore offerto ai potenziali vincitori.
Peccato però che i premi più ambiti siano solitamente riservati a pochi fortunati, il che appare piuttosto ovvio, se non fosse che quando i premi più danarosi sono stati già tutti pagati ed il giocatore non ne è a conoscenza, l’approccio al gioco sarà ingannevole: si confida in potenziali premi che in realtà non esistono più.
Un po’ come rinunciare al vizio e al peccato confidando nel paradiso, senza sapere che ci è già stato riservato un posto all’inferno. Ingannevole, ingiusto. Una mezza sòla, detta in altri termini. Inoltre lo stesso tagliando riporta, sul retro, i premi che si possono vincere solo in termini d’importo, ma non fornisce nessuna informazione relativamente al numero di premi per ogni categoria di vincita. Nel caso dei Gratta e Vinci, peraltro, non vi è obbligo di affissione del regolamento nei luoghi dove è possibile acquistare i tagliandi, ed il giocatore più curioso o semplicemente più desideroso di trasparenza, per conoscere il numero dei premi per ogni importo di vincita, sarà costretto ad acquistare la Gazzetta Ufficiale del giorno di pubblicazione del Decreto da parte dell’AAMS (l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato).
Forse sono proprio queste le ragioni che hanno creato i presupposti per la recente class action promossa contro l’AAMS ed il Consorzio Lotterie Nazionali (il concessionario attraverso il quale il gioco viene esercitato in Italia). Di certo un’iniziativa giudiziale potrebbe coinvolgere un gran numero di soggetti: secondo European Consumers i giocatori italiani “bruciano” più di 50 miliardi di euro all’anno nel gioco d’azzardo, di cui un buon 20% corrisponde alla quota dei Gratta e Vinci. Tra i tanti giocatori potrebbero esserci anche i minori, possibili utilizzatori dei tanti distributori automatici di tagliandi Gratta e Vinci in barba alle previsioni di legge che vietano la loro partecipazione al gioco d’azzardo. Ed è verosimile sospettare che tra i tanti minori che si avvicinano imp(r)udentemente al gioco, qualcuno si ritroverà “dipendente”, ovvero giocatore non per vincere, ma per assaporare quel brivido del rischio che assale il giocatore per pochi intensi attimi.
A tale categoria di giocatori-per-il-gusto-del-brivido ben si addicono poi gli ultimi giochi estratti dal cilindro di AAMS. Paghi una sorta di “abbonamento” e partecipi a tutte le estrazioni giornaliere, con cadenze di sessanta minuti l’una dall’altra. Se i primi numeri non ti premiano, resti nella ricevitoria e aspetti la prossima giocata. Neanche il tempo di uscire a mangiare uno spuntino; d’altronde stiamo giocando d’azzardo, mica dobbiamo presentare le liste per le regionali.
(Gianfabio Florio, Fonte)
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