13 marzo 2011
Mentre camminavo per raggiungere Piazza dei Maritiri, nel cuore di Beirut, ho visto tanta gente lungo la Corniche: facevano footing, ascoltavano musica, bevevano il caffè seduti all’aperto, tra i tavolini dei tanti bar del lungomare.
Così mi sono detto, ”la storia non si ripete a comando, gli eventi sono eventi proprio per la loro irriproducibilità. Il 14 marzo del 2005 non può ripetersi sei anni dopo. Beirut questa volta non risponderà perchè è delusa dai compromessi che la maggioranza indipendentista ha fatto con Hezbollah e con la Siria. E poi il 14 marzo del 2005 arrivò nel trigesimo dello sconvolgente assassinio dell’ex premier Hariri. Oggi di sconvolgente c’è l’attesa dell’incriminazione di alcuni esponenti di Hezbollah per quell’assassinio, istruiti con ogni probabilità dalla Siria. E che proprio loro vogliano governare il paese cercando di delegittimare il Tribunale Internazionale per il Libano farà indignare i militanti, ma non più di questo. Perchè il cittadino medio si dirà che tutto sommato il figlio di Hariri proprio con Hezbollah e la Siria è venuto a patti negli ultimi tempi, riducendo l’intifada libanese a un comromesso storico con i suoi nemici.”
Man mano che mi avvicinavo alla piazza mi confermavo in questo convincimento: vedevo i pullman delle famose ”truppe cammellate”: arrivavano dal profondo nord, l’area più povera del Libano, dove sono tutti sunniti, come Hariri. Arrivavano dalle montagne, in tanti, ma con un’idea di Stato che non mi sembrava particolarmente interessante.
Giunto in piazza mi sono detto che la macchina organizzativa del movimento del 14 marzo aveva fatto un gran lavoro: c’erano centinaia di migliaia di persone, e allora? Ma forse… Meglio salire su qualche tetto per farsi un’idea del numero delle persone presenti a questa grande manifestazione.
Alle undici, quando ero alla ricerca di una terrazza limitrofa alla piazza da circa mezz’ora, c’er atantissima gente che seguitava ad arrivare. Questi erano cittadini, venivano da soli, o in piccoli gruppi. Un fiume di gente che veniva per i fatti propri, non con i pullman, seguitava a riversarsi in quel mare di gente che già era in piazza. A mezzogiorno la scena non cambiava ancora.
Non ho idea di quante centinaia di migliaia di persone ci fossero oggi in Piazza dei Martiri, e non credo sia questo il nocciolo della quetione. Il punto vero è che per la seconda volta un popolo è sceso in piazza. Sei anni dopo. E perchè lo ha fatto? Per l’indignazione nei confronti di Hezbollah? In buona parte sì, anche per questo. Ma sotto questa pulsione istintiva, significativa, ce ne era un’altra ancora più importnate: il rifiuto del paradigma politico con cui Iran e Hezbollah hanno tenuto sotto scacco il mondo arabo mediorientale negli ultimi anni, cioè il paradigma delle armi.
La cultura della morte, della sopraffazione, dell’odio, della lotta armata contro il nemico sionista, tutto questo è stato respinto dopo anni non esaltanti di compromessi e difficoltà. Il Libano così è tornato all’avanguardia della rivoluzione araba per affermare che solo la reale democratizzazione di queste società può condurre ad una rivendicazione di diritti. Il “paradigma fascista di Hazbollah” non produce che arretratezza e legittimazione delle prevericazioni altrui.
Beirut non è allo stesso punto di Tripoli, o di Sana’a, o del Cairo, o di Manama. Beirut è in una situazione più avanzata. Ma se Beirut, con il 14 marzo del 2005 lanciò la prima intifida contro i regimi arabi costringendo le truppe di occupazione siriana a ritirarsi, oggi, con la manifestazione del 13 marzo 2011, è tornata avanguardia del movimento rivoluzionario e democratico.
Mentre nelle altre capitali arabe è stato rifiutato il pradigma iraniano , Beirut è scesa in piazza per sfidarlo, come nemico della causa araba.
(Riccardo Cristiano, Fonte)
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