venerdì 28 gennaio 2011

Mondo verso un'immane carestia? Il grido d'allarme di Fidel

Secondo il lider maximo, una delle questioni principali è l'utilizzo delle risorse alimentari del pianeta per produrre combustibile. Afferma Fidel: "Se i milioni di tonnellate di soja e di mais che sono utilizzati come biocombustibili venissero destinati alla produzione di alimenti, l’innalzamento insolito dei prezzi si arresterebbe" 


E' ARRIVATO IL MOMENTO DI FARE QUALCOSA
di Fidel Castro

Cominciamo con un poco di storia.

Quando gli spagnoli “ci hanno scoperto”, cinque secoli fa, la cifra stimata della popolazione dell’Isola non eccedeva i 200.000 abitanti i quali vivevano in armonia con la natura. Le loro principali fonti di alimentazione provenivano dai fiumi, dai laghi e dai mari ricchi di proteine; ma praticavano anche un’agricoltura rudimentale che forniva loro calorie, vitamine, sali minerali e fibre.

In alcune regioni di Cuba si pratica ancora l’uso di produrre casabe, una specie di pane elaborato con la yucca. Questa dieta veniva integrata con certi frutti e con piccoli animali selvatici. Fabbricavano delle bibite con prodotti fermentati ed hanno apportato alla cultura del mondo la non salutare abitudine di fumare.

La popolazione attuale di Cuba è forse di sessanta volte più grande di quella che esisteva allora. Anche se gli spagnoli si sono mischiati alla popolazione autoctona, in pratica l’hanno sterminata con il lavoro semischiavo nei campi e con la ricerca dell’oro nelle sabbie dei fiumi.

La popolazione indigena è stata sostituita con l’importazione di africani catturati con la forza e schiavizzati, una pratica crudele che è stata applicata per secoli.

Per la nostra esistenza sono stati molto importanti gli usi alimentari che si andarono creando. Siamo stati convertiti in consumatori di carne suina, bovina, ovina, di latte, formaggio e altri derivati; grano, avena, biada, riso, ceci, fave, piselli e altri legumi provenienti da climi diversi dal nostro.

In origine noi disponevamo di mais, poi è stata introdotta la canna da zucchero fra le piante più ricche di calorie.

Il caffé ci è stato portato dai conquistatori dall’Africa; il cacao ce lo hanno portato probabilmente dal Messico. Questi due prodotti, insieme allo zucchero, al tabacco e ad altri prodotti tropicali sono diventati delle enormi risorse per la metropoli dopo la ribellione degli schiavi di Haiti, avvenuta la principio del secolo XIX.

Il sistema di produzione schiavista è durato, di fatto, fino a quando il colonialismo spagnolo ha trasferito la sovranità di Cuba agli Stati Uniti quando, dopo una cruenta guerra, era stato sconfitto dai cubani.

Quando ha vinto la Rivoluzione, nel 1959, la nostra isola era una vera colonia statunitense. Gli Stati Uniti avevano ingannato e disarmato il nostro Esercito di Liberazione. Non si poteva parlare di un’agricoltura sviluppata, ma di immense piantagioni sfruttate sulla base del lavoro manuale e animale dove in generale non si usavano né fertilizzanti né macchine. Le grandi fabbriche dello zucchero erano di proprietà nordamericana. Vari di quei proprietari possedevano più di centomila ettari di terra; altri ne avevano decine di migliaia. In totale erano più di 150 zuccherifici, compresi quelli di proprietà dei cubani, i quali lavoravano meno di quattro mesi l’anno.

Gli Stati Uniti hanno ricevuto le forniture di zucchero da Cuba durante le due guerre mondiali e aveva concesso una quota di vendita nei suoi mercati al nostro paese associandola a impegni commerciali e a limitazioni nella nostra produzione agricola, nonostante il fatto che lo zucchero era prodotto in parte proprio da loro. Altri settori decisivi dell’economia, come i porti e le raffinerie di petrolio, erano proprietà nordamericana. Le loro imprese possedevano grandi navi, centri industriali, miniere, moli, linee marittime e ferrate, oltre a servizi pubblici di importanza vitale come quelli elettrici e telefonici.

Per chi voglia capire non è necessario aggiungere altro.

Nonostante il fatto che la necessità di produrre riso, mais, grassi, cereali e altri alimenti fosse importante, gli Stati Uniti imponevano determinati limiti a tutto quanto potesse rappresentare una concorrenza alla propria produzione nazionale, compreso lo zucchero sussidiato di barbabietola.

Naturalmente, quanto alla produzione di alimenti, è assolutamente vero che nei limiti geografici di un paese piccolo, tropicale, piovoso e ciclonico, sprovvisto di macchine, di sistemi di dighe, di irrigazione, di un equipaggiamento adeguato, Cuba non poteva disporre di risorse e non era in condizioni di competere con le produzioni meccanizzate di soja, di girasole, di mais, di leguminose e di riso degli Stati Uniti. Alcune delle quali, come il grano e l’orzo non potevano essere prodotte nel nostro paese.

Il fatto è che la Rivoluzione Cubana non ha potuto godere neanche di un minuto di pace. Appena decretata la Riforma Agraria, prima di compiersi il quinto mese della vittoria rivoluzionaria, i programmi di sabotaggio, gli incendi, le ostruzioni e l’impiego di mezzi chimici dannosi erano già iniziati nel nostro paese. Addirittura vennero introdotte malattie nelle produzioni vitali e perfino nella salute umana.

Hanno commesso l’errore di sottostimare il nostro popolo e la sua decisione di lottare per i propri diritti e per la propria indipendenza.

Naturalmente, all’epoca nessuno di noi possedeva l’esperienza raggiunta dopo molti anni; noi partivamo da idee giuste e da un concetto rivoluzionario. Forse il più grande errore di idealismo che abbiamo commesso è stato quello di pensare che nel mondo ci fosse una determinata dose di giustizia e di rispetto per il diritto dei popoli mentre, in verità, non esisteva per niente. Eppure, non da questo dipendeva la decisione di combattere.

Il primo compito che ha assorbito il nostro sforzo è stata la preparazione per la battaglia che si avvicinava.

L’esperienza acquisita durante l’eroica battaglia contro la tirannide di Batista, ci aveva insegnato che il nemico, qualunque fosse la sua forza, non avrebbe potuto vincere il popolo cubano.

La preparazione del paese alla lotta è diventato lo sforzo principale del popolo, e ci ha portato ad episodi davvero decisivi come la battaglia contro l’invasione mercenaria promossa dagli Stati Uniti nell’aprile del 1961, sbarcata a Girón con la scorta dei marines e dell’aviazione yankee.

Incapace di rassegnarsi all’indipendenza e all’esercizio dei diritti sovrani di Cuba, il governo di quel paese aveva adottato la decisione di invadere il nostro territorio. La URSS non ha avuto niente a che vedere con la vittoria della Rivoluzione Cubana. La quale non ha assunto il carattere socialista a causa dell’appoggio dell’URSS, ma esattamente al contrario: l’appoggio dell’URSS è arrivato a causa del carattere socialista della Rivoluzione Cubana. Per cui, anche quando la URSS è scomparsa, nonostante questo, Cuba ha continuato ad essere socialista.

Per qualche via l’URSS era venuta a sapere che Kennedy avrebbe cercato di usare con Cuba lo stesso metodo da lei applicato in Ungheria. Ciò ha prodotto gli errori commessi da Krushov in merito alla Crisi di Ottobre, che mi è corso l’obbligo di criticare. Ma non solo Krushov si è sbagliato, si è sbagliato anche Kennedy. Cuba non aveva niente a che vedere con la storia dell’Ungheria, e l’URSS non aveva niente a che vedere con la Rivoluzione a Cuba che è stata esclusivamente frutto della lotta del nostro popolo. Krushov ha fatto solamente il gesto di solidarietà di mandare armi a Cuba che era minacciata dall’invasione mercenaria organizzata, addestrata, armata e trasportata dagli Stati Uniti. Senza le armi mandate a Cuba, il nostro popolo avrebbe sconfitto le forze mercenarie come aveva sconfitto l’esercito di Batista al quale sequestrò tutto l’equipaggiamento militare in suo possesso: 100.000 armi. Se si fosse prodotta un’invasione diretta degli Stati Uniti contro Cuba, il nostro popolo avrebbe combattuto fino ad oggi contro i suoi soldati che, con sicurezza, avrebbero dovuto combattere anche contro milioni di latinoamericani. Gli Stati Uniti avrebbero commesso il peggior errore della loro storia, e forse la Urss esisterebbe ancora.

Qualche ora prima dell’invasione, dopo l’attacco a tradimento alle nostre basi aeree da parte di aerei degli Stati Uniti che portavano insegne cubane, è stato dichiarato il carattere socialista della Rivoluzione. Il popolo cubano ha combattuto per il socialismo in quella battaglia che è passata alla storia come la prima vittoria contro l’imperialismo in America.

Sono passati dieci presidenti degli Stati Uniti, sta passando l’undicesimo e la Rivoluzione Socialista è ancora in piedi. Sono passati anche tutti i governi che sono stati complici dei crimini degli Stati Uniti contro Cuba, e la nostra Rivoluzione è ancora in piedi. E’ scomparsa l’Unione Sovietica e la Rivoluzione è andata avanti. Non è andata avanti con il permesso degli Stati Uniti, ma essendo soggetta ad un blocco crudele e spietato; con atti terroristici che hanno privato della vita o hanno ferito migliaia di persone, i cui autori hanno goduto di totale impunità; combattenti antiterroristi cubani sono condannati a prigione a vita; una Legge fatta apposta per i cubani (Ley de Ajuste Cubano) concede ingresso, residenza e lavoro negli Stati Uniti. Cuba è l’unico paese al mondo ai cui cittadini viene applicato questo privilegio che viene negato a quelli di Haiti, dopo il terremoto che ha ucciso più di 300.000 persone, e al resto dei cittadini di questo emisfero che l’impero perseguita ed espelle. Eppure, la Rivoluzione Cubana è ancora in piedi.

Cuba è l’unico paese del pianeta che non può essere visitato dai cittadini degli Stati Uniti; ma Cuba esiste ed è ancora in piedi, a solo 90 miglia dagli Stati Uniti, ingaggiando la sua eroica lotta.

Noi rivoluzionari cubani abbiamo commesso errori e continueremo a commetterne, ma non commetteremo mai l’errore di essere traditori.

Non abbiamo mai scelto l’illegalità, la menzogna, la demagogia, ingannare il popolo, la simulazione, l’ipocrisia, l’opportunismo, la corruzione, la mancanza totale di etica, gli abusi del potere, compreso il crimine e le torture ripugnanti che, con ovvie e certamente meritevoli eccezioni, hanno caratterizzato la condotta dei presidenti degli Stati Uniti.

In questo momento l’umanità sta affrontando problemi seri e senza precedenti. Il peggio è che in gran parte le soluzioni dipenderanno dai paesi più ricchi e sviluppati, che arriveranno a una situazione che in verità non sono in condizione di affrontare senza che gli frani addosso il mondo che hanno cercato di modellare a favore dei propri interessi egoistici e che conduce inevitabilmente al disastro.

E non parlo adesso di guerre, sui cui rischi e sulle cui conseguenze hanno parlato persone sagge e brillanti, comprese molti nordamericani.

Mi riferisco alla crisi degli alimenti originata da fattori economici e da cambiamenti climatici che apparentemente sono ormai irreversibili come conseguenza di azioni dell’uomo, ma che ad ogni modo la mente umana ha il dovere di affrontare rapidamente.

Durante molti anni, in realtà un tempo perso, si è parlato di questa faccenda. Ma il maggiore responsabile di emissioni di gas contaminanti al mondo, gli Stati Uniti, si rifiutava sistematicamente di tenere in conto l’opinione mondiale. Lasciando da parte il protocollo ed altre sciocchezze abituali negli uomini di Stato delle società di consumo, che accedendo al potere si lasciano abbagliare dall’influenza dei mezzi d’informazione di massa, la verità è che non hanno prestato attenzione alla faccenda. Un signore alcolizzato, i cui problemi erano noti e che non ho bisogno di nominare, ha imposto la sua linea alla comunità internazionale.

I problemi hanno preso corpo adesso all’improvviso, attraverso fenomeni che si stanno ripetendo in tutti i continenti: calori, incendi di boschi, perdite di raccolti in Russia con numerose vittime; cambiamento climatico in Cina, piogge intense o siccità; perdite progressive delle riserve d’acqua dell’Himalaya, che minacciano l’India, la Cina, il Pakistan e altri paesi; piogge eccessive in Australia che hanno inondato quasi un milione di chilometri quadrati; ondate di freddo insolite ed estemporanee in Europa, con conseguenze considerevoli nell’agricoltura; siccità in Canadà; ondate inusuali di freddo in Colombia che hanno danneggiato milioni di ettari coltivabili; precipitazioni mai viste in Venezuela; catastrofi per le piogge eccessive nelle grandi città del Brasile e siccità al Sud. Praticamente non esiste una regione al mondo dove questi fenomeni non abbiano avuto luogo.

Le produzioni di grano, soja, mais, riso e molti altri cereali e leguminose che costituiscono la base alimentare del mondo –la cui popolazione arriva oggi a quasi 6.900.000, e dove più di un miliardo soffre la fame e la denutrizione- cominciano ad essere seriamente colpite dai cambiamenti climatici, creando un gravissimo problema nel mondo. Mentre le riserve non sono state ancora recuperate totalmente o in parte per qualche prodotto, una grave minaccia sta già creando problemi e destabilizzazione in numerosi Stati.


Più di 80 paesi, tutti del Terzo Mondo, già di per sé in difficoltà reali, sono minacciati da vere e proprie carestie.

Mi limiterò a citare, in modo molto sintetico, queste dichiarazioni e queste notizie pubblicate negli ultimi giorni:

“L’ONU denuncia il rischio di una nuova crisi alimentare.

“11.1.2011 (AFP)”

“Stiamo affrontando una situazione molto tesa...” Afferma la FAO.

“Circa ottanta paesi stanno affrontando un deficit di alimenti...”

“L’indice globale dei prezzi dei prodotti dell’agricoltura e dell’allevamento del bestiame di base (cereali, carne, zucchero, olii, prodotti del latte) si colloca attualmente al suo livello massimo da che la FAO ha cominciato ad elaborare questi indici venti anni fa.”

“Nazioni Unite, gennaio (IPS)”,

“L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Agricoltura e l’Alimentazione (FAO), con sede a Roma, ha denunciato la settimana scorsa che i prezzi mondiali del riso, del grano, dell’orzo e della carne [...] registreranno degli aumenti significativi nel 2011 ...”

“Parigi, 10 gennaio (Reuters) – Il presidente francese Nicolas Sarkozy, porterà in settimana a Washington la sua campagna per fare fronte agli alti prezzi globali degli alimenti ...”

“Basilea (Svizzera), 10 gennaio (EFE) – Il presidente della Banca Centrale Europea (BCE), Jean Claude Trichet, portavoce dei governatori delle banche centrali del Gruppo dei 10 (G-10), ha dato l’allarme oggi riguardo al forte aumento dei prezzi degli alimenti e alla minaccia inflazionista nelle economie emergenti.”

“La Banca Mondiale teme una crisi nel prezzo degli alimenti, 15 gennaio (BBC).

“Il presidente della Banca Mondiale, Robert Zoellick, ha dichiarato alla BBC che la crisi è più grave di quella del 2008.”

“Messico D.F., 7 gennaio (Reuters)”

“Il ritmo annuale di inflazione degli alimenti si è triplicato a novembre in Messico paragonato ai due mesi precedenti ...”

Washington, 18 gennaio (EFE)

“Il cambiamento climatico aggraverà la mancanza di alimenti, secondo uno studio.”

“Da più di 20 anni gli scienziati hanno annunciato l’impatto del cambio climatico, ma nulla cambia a parte l’aumento delle emissioni che causano il riscaldamento globale, ha dichiarato a EFE Liliana Hisas, direttrice esecutiva della filiale statunitense di questa organizzazione.

“Osvaldo Canziani, vincitore del Premio Nobel per la Pace nel 2007 e consulente scientifico del rapporto, ha dichiarato che in tutto il mondo si registreranno episodi metereologici e condizioni climatiche estreme mentre gli aumenti della temperatura media superficiale esacerberanno l’intensità di questi episodi.”

“(Reuters) gennaio 18, L’Algeria compra grano per evitare carestia e disturbi.

“L’agenzia statale per i cereali d’Algeria ha comprato circa un milione di tonnellate di grano nelle ultime due settimane per evitarne la mancanza in caso di manifestazioni, ha dichiarato a Reuters una fonte del Ministero dell’Agricoltura.”

“(Reuters) gennaio, 18, Il grano si impenna a Chicago dopo l’acquisto dell’Algeria”

“El Economista, 18 gennaio 2011

“Allarme mondiale per il prezzo degli alimenti”

“Fra le principali cause vi sono le inondazioni e la siccità provocate dal cambio climatico, dall’uso di alimenti per produrre biocombustibili e dalla speculazione sul prezzo delle commodities.”

Questi problemi sono drammaticamente seri. Tuttavia, non tutto è perduto.

La produzione attuale stimata di grano ha raggiunto la cifra di quasi 650 milioni di tonnellate.

La produzione di mais supera questa quantità e si avvicina ai 770 milioni di tonnellate.

La soja potrebbe avvicinarsi ai 260 milioni, dei quali gli Stati Uniti ne producono 92 milioni e il Brasile 77. Sono i due maggiori produttori.

I dati in generale delle graminacee e delle leguminose disponibili nel 2011 sono noti.

La prima questione da risolvere da parte della comunità mondiale dovrebbe essere quella di scegliere fra alimenti e biocombustibili. Il Brasile, un paese in via di sviluppo, dovrebbe naturalmente essere compensato.

Se i milioni di tonnellate di soja e di mais che sono utilizzati come biocombustibili verranno destinati alla produzione di alimenti, l’innalzamento insolito dei prezzi si arresterebbe e gli scienziati del mondo potrebbero proporre formule che in qualche modo potrebbero arrestare e perfino invertire la situazione.

Si è perso troppo tempo. E’ arrivata l’ora di fare qualcosa.


(Traduzione di Gianni Minà, Fonte)

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Sull'argomento, vedi anche: Crisi alimentare globale

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