All’inizio del XXI secolo sembrano non essere scomparsi alcuni cliché tipici della prima metà del Novecento. Razzismo, xenofobia e spostamento dell’asse partitico verso la destra extraparlamentare e radicale, specie nelle repubbliche dell’Est europeo appena entrate nell’UE . Alcuni fatti molto recenti riportano alla ribalta un tema che purtroppo non è ancora relegato nei libri di storia, ma fa parte della nostra quotidianità.
Dalla multiculturale Inghilterra a Mosca, passando per gli ex satelliti sovietici (che ormai sono parte integrante dell’Unione Europea) qualcosa di estremamente marcio si agita al di sotto della crisi economica di inizio secolo ed alle istituzioni parlamentari. Un fantasma si aggira per l’Europa. A Bradford, lo scorso 30 agosto è andato in scena una specie di far west metropolitano con centinaia di manifestanti dell’UAR (United Against Racism) sfiorati dalla violenta reazione di un gruppo di estrema destra, l’EDL (English Defence League). Bradford ospita una consistente minoranza pakistana, che ha scatenato la violenza del gruppo dell’estrema destra xenofoba. Fortunatamente la polizia ha avuto successo nell’evitare un contatto tra le due fazioni, arrestando 14 memebri dell’EDL. Quello che sorprende è l’età dei fermati: solo 3 su 14 hanno più di 25 anni. Quindi si tratterebbe di giovani e giovanissimi (due arrestati sono minorenni) che abbracciano movimenti xenofobi nella patria della democrazia parlamentare. Il tutto a meno di dieci anni dalla celeberrima Bradford Race Riot del 2001, quando circa mille persone di gruppi etnici differenti parteciparono a scontri su vasta scala. Da un lato l’estrema destra e i gruppi anti-immigrazione del National Front e dell’altra i memebri della Anti-Nazi League e la comunità pakistana e del sud-est asiatico. Dal proprio sito, l’English Defence League ci tiene a precisare la propria versione dei fatti: si tratta di un complotto orchestrato dalla polizia e dai media che vogliono rendere inattivo lo sforzo di lotta senza quartiere all’integralismo islamico intrapreso dalla lega. Ed inoltre, l’EDL risponde di rifiutare gli ideali xenofobi e genocidari di Adolf Hitler (letteralmente si esprimono con un “fuck off!!!”). Tuttavia, quando spiegano la propria visione politica, l’islamismo diviene un “cancro da estirpare”, anche ricorrendo ad alleanze tra cristiani, buddhisti, ebrei e hindu. Il tutto nascosto dietro un patriottismo di facciata: “non è un crimine amare la propria nazione”. Nessuna distinzione tra jihadisti, bahai o semplici musulmani praticanti ed integrati nel tessuto economico-sociale dell’industriale Bradford.
IN RUSSIA, INTANTO... - Nello stesso giorno, ma molto più ad est, a Miass (Russia), un gruppo di skinheads attaccava i partecipanti ad un concerto rock. Il tutto senza un motivo apparente. Dieci persone sono rimaste ferite e quindici assalitori sono stati arrestati dalla polizia. La Russia è, molto più delle democrazie occidentali, un crogiolo di etnie, venute a contatto a seguito delle migrazioni post-crollo dell’URSS, pronto ad esplodere. Proprio come la Jugoslavia una volta sfumato il sogno titino. San Pietroburgo è il virulento centro operativo di una serie sterminata di piccoli gruppi, cellule più o meno numerose di un orgamismo dell’odio molto sfaccettato. Questa galassia assomiglia all’organizzazione di al-Qaeda: non hanno un organigramma ben definito, ma tutte queste cellule obbediscono allo stesso ideale, ovvero quello di sbarazzarsi delle minoranze che hanno fatto ingresso nella Russia post-sovietica e che sono il capro espiatorio per le difficoltà economiche ed occupazionali del terzo millennio russo. L’unico partito vero e proprio con una base anche piuttosto ampia e con una doppia faccia (una partitica ed una paramiliatare) è Unità Nazionale Russa, il cui simbolo è la svastica e l’obiettivo primario è l’espulsione forzata di tutti i non-russi. Emigrati kazaki e etnie provenienti dagli ex stati satellite dell’URSS, ma anche studenti universitari africani, sono il bersaglio preferito degli hate crimes. I crimini strettamente razziali hanno raggiunto la cifra allarmante di 13.000 casi tra il 2000 e il 2005. Nel 2007 Amnesty International denunciò oltre trecento casi di violenze xenofobe con 21 persone rimaste uccise dai pestaggi di gruppo. Nel 2004 fece scalpore l’esecuzione da parte di un gruppo di neo-nazisti del prof. Nikolai Girenko, etnologo di fama internazionale e impegnato nella difesa della minoranze.
LE CAUSE - Malessere e disillusione sociale, disoccupazione e perdita del senso comunitario sono alla base di un massiccio spostamento dei movimenti extraparlamentari verso la destra xenofoba. In Russia come in Gran Bretagna. Sembra strano, ma due Paesi con storie ed istituzioni così diverse condividono uno stesso malessere profondo. Come lo condividono molti altri Paesi europei che sono pienamente integrati nelle stretture dell’UE o si stanno affacciando ad esse. La European Union Agency for Fundamental Rights, che si occupa di monitorare i fenomeni discriminatori nei Paesi membri, ha pubblicato, nel proprio Report per il 2010, cifre allarmanti. In alcuni paesi “insospettabili” la recrudescenza degli hate crimes rappresenta una vera piaga sociale. Le repubbliche nordiche sembrano colpite da un flagello: in Danimarca nel 2008 gli hate crimes sono aumentati del 400% rispetto all’anno precedente, in Germania del 16%, in Finlandia del 66% e in Svezia del 71%. La Svezia ha anche un altro poco invidiabile primato: nel 2008 i casi registrati di violenze compiute da frange di estrema destra è aumentato del 72%. Nei Paesi nordici l’estrema destra extraparlamentare sta crescendo in maniera smisurata. In Svezia sono ospitate alla luce del sole e a portata di click decine di organizzazioni neo-naziste con propri quotidiani e siti internet aggiornatissimi. Gruppi come il Nationalsocialistisk front (Fronte nazionale), Svenska Motståndsrörelsen (Movimento della resistenza svedese), nato da una costola del movimento paramilitare per la supremazia ariana (VAM), ed i secessionisti del Skånepartiet (partito della Scania) sono i principali responsabili di attacchi violenti a manifestazioni pacifiche per i diritti degli omosessuli svedesi e per spedizioni punitive nei confronti degli immigrati di origine africana. Da qui si spiega l’aumento vertiginoso dei casi di hate crimes nel paese.
PAESE CHE VAI... - L’avanzata di questi movimenti extraparlamentari è molto accentuata nelle repubbliche dell’est che hanno da poco superato la “sbornia” dell’entrata nell’UE. Se in alcuni paesi, come Germania, Austria e Croazia, la minoranza di movimenti di estrema destra richiama il passato remoto del primo dopoguerra e della rinascita dopo le emiliazioni subite dal Trattato di Versailles, nei paesi dell’Europa orientale l’Ungheria è un caso di scuola circa l’avanzata di movimenti di estrema destra.
Il crollo del Pil ungherese nel 2009, -6,3%, non solo ha portato al governo gli ultraconservatori di Orban, ma ha segnato l’avanzata del partito estremista e xenofobo Jossik che si rifà alla tradizione della “grande Ungheria” (molto simile al concetto di pangermanismo), mettendo in serio pericolo le relazioni doplomatiche con i Paesi vicini (come la Slovacchia) che ospitano minoranze di lingua ungherese. Jossik è anche uno dei principali sostenitori di campagne di emarginazione ed allontanamento anche coatto della popolazione rom. Come in Ungheria, anche la Romania ospita un partito di estrema destra che, per un periodo non proprio breve, fu il secondo partito all’interno del Paese. Si tratta del Partidul România Mare (PRM), ovvero il partito della Grande Romania. Il partito, fondato nel 1991 appena dopo il colpo di stato che rovesciò il sanguinario Ceausescu, riuscì ad ottenere 127 seggi con quasi il 20% di preferenze. Antisemitimo, omofobia, irredentismo, il PRM, prima del totale obblio nelle elezioni del 2008, ospitava tutta una serie di cliché propri del neo-nazismo eccetto una glorificazione dei tempi andati, ovvero quelli del socialismo reale quando la Romania era un satellite dell’URSS. La Slovacchia, in opposizione al sogno della “grande Ungheria” del partito Jossik oppone un partito politico, che riuscì ad ottenere l’11% dei voti nel 2006, che ha sviluppato e codificato un anti-ungherismo molto marcato. Si tratta del Slovenská národná strana (SNS), o partito nazionale slovacco, fondato anch’esso dopo la caduta del comunismo, che ha nell’espulsione della minoranza ungherese, considerata dal leader storico Ján Slota “un cancro nella nazione slovacca”. Slota ha anche vaticinato un giorno in cui “i carri armati slovacchi distruggeranno Budapest”. In Bulgaria, invece, esiste il Natsionalen Sǎyuz Ataka (NSA), anch’esso ispirato da un sentimento razzista nei confronti della minoranza turca e musulmana. A differenza di altri partiti simili, l’NSA è abbastanza ben rappresentato in seno alle ististuzioni bulgare ed anche europee. Nelle elezioni politiche del 2009 ha confermato i 21 seggi ottenuti nel 2005, conquistando anche 2 seggi in seno al parlamento europeo.
IL FUTURO - Empiricamente, le elezioni degli ultimi anni hanno mostrato uno scivolone piuttosto evidente dei partiti di estrema destra. Questa però è una magra consolazione perché, espulsi dall’aura di legalità e di controllo che è proprio di ciascun partito all’interno di strutture democratiche, la xenofobia e il razzismo di fondo si spostano inevitabilmente verso la piazza. In Svezia, la quasi totale assenza di partiti neo-nazisti o razzisti in seno al parlamento non ha impedito (anzi, ha favorito) l’incremento di casi di violenza contro immigrati, non-svedesi ed omosessuali. Lo stesso dicasi per la Gran Bretagna e la Russia. In questo ragionamento si inserisce perfettamente il caso del Belgio. Il partito di estrema destra Vlaams Blok, apertamente secessionista e negazionista, venne messo all’indice nel 2004 per violazione della legge belga contro l’omofobia e la xenofobia. Ma Vlaams Blok era nel migliore momento elettorale della propria storia, con un’ascesa vertiginosa che lo aveva portato, nel 2003, a guadagnare 18 seggi alla Camera (11% dei voti), 5 seggi al Senato (11%) e tre poltrone al parlamento europeo, ottenendo il 14% delle preferenze. Dal 2004 il partito è stato dichiarato illegale, ma l’operazione di facciata comunque non ha eliminato la tendenza sociale ad appoggiare movimenti razzisti, spesso traslatisi direttamente nelle piazze e tra la gente. Anche la storia sembra confermare questa tendenza: il partito Nazional-socialista tedesco (quello di Adolf Hitler per intenderci), a cui si ispira gran parte delle formazioni razziste contemporanee, sembrava essere finito ed espulso dal parlamento di Weimar dopo l’exploit del maggio 1924. Dai quasi 2 milioni di voti (maggio 1924) era precipitato a 900 mila nel dicembre dello stesso anno, per poi scendere a 800 mila quattro anni più tardi. Il resto della vicenda è arcinoto. L’Europa, provata dalla crisi economica globale e da un ruolo non troppo soddisfacente nell’epoca della globalizzazione, dovrà probabilmente fare i conti con un demone che si agita sotto le avvolgenti istituzioni repubblicane e comunitarie. E l’Italia?
(Alessandro Badella, 17 Settembre 2010, Fonte)
Una ventana abierta sobre Cuba para esponer las mentiras que circulan por el Web sobre este pais. El blog se centra en los estilos de vida del tercio milenio, contiene asuntos políticos y noticias principalmente de Italia, Europa, Cuba y América Latina, en todo caso tratando de exponer los engaños de la globalización y del neoliberalismo selvaje en cualquier parte del mundo se producen estos.
domenica 1 maggio 2011
Uno spettro si aggira per l’Europa. Quello dell’intolleranza
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