sabato 12 febbraio 2011

Ferrara e Pannella uniti nella "rivoluzione liberale" berlusconiana.

Occuparsi della rivoluzione liberale che Silvio Berlusconi annuncia di tanto in tanto – la prima volta fu diciassette anni fa, l’ultima il 31 gennaio scorso – è assai penoso, ma occuparsi di qualsiasi altra cosa che lo riguardi – pubblica o privata – sarebbe avvilente. È il meno peggio di cui si può parlare, dovendo parlare di Silvio Berlusconi, e si tratta di una presa per il culo. Eccoci dunque a occuparci del suo ennesimo annuncio di imminente rivoluzione liberale e a doverci chiedere, in primo luogo, se ci sia più qualcuno disposto a crederci. Diciamo che la presa per il culo fa sempre minor presa, ma a Silvio Berlusconi non è rimasto molto ed è costretto a tentare il tutto per tutto.

Già, ma chi gli può credere? Marco Pannella, pare. Anzi, Marco Pannella ritiene di avere addirittura ispirato l’ultimo annuncio di rivoluzione liberale di Silvio Berlusconi, e pensa che non costi nulla andare a vedere se si tratta del solito bluff: «L’esclusione ad personam di Berlusconi è inadeguata, perché anche i suoi ipotetici successori non mi sembrano poi tanto credibili» (il Giornale, 1.2.2011). E così la lettera che Giuliano Ferrara ha scritto a nome di Silvio Berlusconi per lanciare dalle pagine del Corriere della Sera un piano di crescita economica del paese tutto in senso liberale, e che è stata rispedita al mittente da tutti, trova in Marco Pannella il solo disposto a puntarci sopra qualcosa.

Occuparsi della rivoluzione liberale che Silvio Berlusconi annuncia di tanto in tanto è penoso anche per questo: è roba suggerita da Pannella o da Ferrara, nella quale credono solo loro due e che può tornare utile solo a Silvio Berlusconi. Per fare un terzo di quello che sta in questo piano di crescita economica, che è meno di un trentesimo di quello che sarebbe una rivoluzione liberista e meno di un centesimo di quello che sarebbe una rivoluzione liberale, ci vorrebbe la forza che nemmeno un disperato come Silvio Berlusconi ha e il tempo che ormai manca a tutti.Per ragioni diverse, ma coincidenti nella persona di Silvio Berlusconi, Marco Pannella pensa di poter lucrare su quanto, a detta di Giuliano Ferrara, resta l’ultima salvezza di un premier alle corde. Sarà che quanto Ruby chiede per star zitta basterebbe ai radicali per sanare i loro debiti.

COMMENTI:

[1] Almeno per me: sono uno dei fessi che ci ha creduto fino al dicembre del 2003. Da allora ad oggi ho dovuto rispondere molte volte alla domanda: “Come hai potuto crederci?”, quasi sempre retorica, e la risposta non mi è mai stata difficile: nel 1994 avrei votato chiunque avesse promesso quello che fascisti, comunisti e cattolici avevano sempre negato a questo paese. Fino al 2000 ho pensato che nel riformare l’Italia in senso liberaldemocratico Silvio Berlusconi trovasse ostacoli negli alleati, poi ho cominciato a maturare la convinzione che non fosse affatto nelle sue intenzioni, che al massimo intendesse riformare il sistema economico, liberalizzare il mercato e le professioni, sburocratizzare lo stato, ridurre la pressione fiscale, e che questo lo rendesse in ogni caso meno peggio dei suoi oppositori, per dover concludere che anche quelle erano solo chiacchiere: liberale proprio per niente, liberista solo a cazzi suoi. Mi sono sentito turlupinato più che tradito e non ho potuto che tornare al senno di prima, alla mia solitudine di liberale in un paese che non voleva assolutamente esserlo.
[2] La distinzione è aleatoria: pubblico e privato sono ormai una cosa sola in Silvio Berlusconi, da tempo, forse da sempre.
[3] E tuttavia di lui siamo costretti a parlare, volendo o no, perfino se decisi ad evitarlo, perché consci che è del tutto inutile, forse perfino dannoso. Non è possibile parlare d’Italia senza parlare di Silvio Berlusconi, ma non parlare d’Italia è come lasciargliela, però a parlarne si finisce col dover concludere che per metà è sua, e che l’altra metà non riesce a levargliela, chissà perché.
[4] La reazione prevalente non è stata: “Va’ là, chi ti crede?”, ma: “Troppo tardi, ci pensiamo noi appena ti levi dalle palle”. Però chiediamoci: quando Silvio Berlusconi sarà appeso a testa in giù in Piazzale Loreto, prenderà avvio una riforma liberaldemocratica dello Stato? Farci prendere per il culo comunque?
[5] Potrebbe addirittura farcela, in forza della disperazione? Pur di uscire dall’angolo, potrebbe uscirne da liberale? La risposta è no: sarebbe fatto a pezzi dagli statalisti e dagli illiberali che lo sostengono. La promessa di Silvio Berlusconi è esclusivamente liberista, e neanche molto. Non bisogna mai dimenticare il caso Alitalia. E come si può dimenticare l’impronta clericofascista sui diritti civili e sulla laicità dello Stato?
[6] I due incontri dell’11 dicembre e del 28 gennaio sarebbero stati in tal senso decisivi. Millanta, naturalmente, e quasi certamente in cattiva fede, perché è dai tempi dello scandalo di Casoria che è Il Foglio di Giuliano Ferrara a suggerire il ritorno ai proclami del 1994: “Berlusconi denuncia un piano eversivo contro di lui, regista il gruppo editoriale di Repubblica e settori dell’opposizione vicini a una magistratura sensibile alle sollecitazioni politiche più faziose. Può essere che abbia ragione, […] il problema è che le armi affilate di questa campagna provengono tutte da Berlusconi in persona e dal suo entourage. La prima arma è una licenziosità di comportamento difficile da classificare […] La seconda arma è un’autodifesa spesso risibile […] Se non vuole stendere un velo di penosa incompetenza sull’insieme del suo lavoro di uomo di stato, per molti aspetti ottimo, Berlusconi deve liberarsi della molta stupidità e inesperienza politico-istituzionale che lo circonda, e deve decidersi: o accetta di naufragare in un lieto fine fatto di feste e belle ragazze oppure si mette in testa di ridare, senza perdere più un solo colpo, il senso e la dignità di una grande avventura politica all’insieme della sua opera e delle sue funzioni” (Il Foglio, 18.6.2009). O Pannella o Ferrara, dunque. Più probabile Ferrara? Ma come escludere Pannella? Vediamo se può andar bene questa tesi: Berlusconi è intimamente liberale, non ha mai smesso di esserlo, sicché Ferrara ha arato il terreno e Pannella lo ha seminato. Scherzo ovviamente, sennò dovrei incazzarmi.
[7] Da chi non è liberale e non ha difficoltà a riconoscerlo, da chi non lo è ma ci tiene a dire di esserlo, dai pochi liberali che davvero esistono e certo non sono organici al Pdl.
[8] Arrivo a dire che l’Italia ha perso tanto tempo dietro l’illusione di una rivoluzione liberale di Silvio Berlusconi che l’idea di una imposta patrimoniale non mi pare affatto idiota.

(Malvino, 02 febbraio 2011, Fonte)

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